(Rinnovabili.it) – Si sta chiudendo l’anno che aveva suscitato grandi speranze: la Conferenza di Copenhagen, l’elezione di Obama, l’avvento di nuovi governi progressisti in Australia e in Giappone. Insomma all’inizio del 2009 spirava un’aria politica, non solo favorevole ma che legittimava una certa fiducia. Poi man mano che ci si avvicinava all’atteso summit danese le speranze di un accordo per il dopo Protocollo di Kyoto si sono sempre più affievolite fino ad arrivare alla doccia fredda del fallimento del vertice di Copenhagen. Ed ora si respira un “clima” di sfiducia, diffidenza e pessimismo. E difatti non mancano polemiche e accuse. Come quella della Germania che mette sul banco degli imputati soprattutto gli Usa e la Cina.
A parlare è Norbert Roettgen, ministro tedesco dell’Ambiente, il quale ha stigmatizzato, in un intervento sul settimanale tedesco Der Spiegel, che “la Cina non vuole guidare e gli Usa non sanno guidare. I colloqui hanno toccato il fondo, quando la Cina si è opposta addirittura ad una riduzione unilaterale da parte degli stati industrializzati dell’80% delle emissioni di CO2 entro il 2050. Ai cinesi non interessava la salvaguardia dell’ambiente, ma il suo impedimento”. Poi riguardo agli Stati Uniti il ministro ha dichiarato anche che “l’elite politica degli Usa non è in grado di trovare una maggioranza per la tutela del clima”.
Non solo i Paesi industrializzati europei sono scontenti, ma questo era più prevedibile, anche quelli più poveri. A loro nome è intervenuto sul web Fidel Castro che ha bollato il risultato della conferenza come “umiliante per molti Stati”. Nel suo messaggio però spinge i paesi più poveri a non smettere di lottare e ad insistere per cercare di imporre “il diritto dell’umanità di esistere” alle prossime riunioni mondiali sul clima.
Così Copenhagen, che doveva essere un summit storico con decisioni a dir poco epocali, è stata solo una tappa, e nemmeno positiva, di un processo di trattative il quale, almeno ora si dice, dovrà continuare per portare al 2010 un accordo condiviso e vincolante.
Infatti sono fissati altri tre appuntamenti: quello di fine anno (il 31 gennaio) per la dichiarazione degli impegni che ogni singolo stato industrializzato dovrà assumere sull’entità della riduzione dei gas serra. Poi a Bonn (l’11/06) avrà luogo il maxi-vertice che dovrebbe preparare la XVI Conferenza mondiale Onu sul Clima a Città del Messico (29 novembre – 10 dicembre) e intanto si avvicina sempre più la scadenza del Protocollo di Kyoto, (31 /12/2012).
Ma l’anno prossimo saranno cambiate condizioni politiche, economiche e sociali tanto da dar vita a presupposti diversi a quelli che ora hanno evidenziato divisioni, particolarismi e difesa degli interessi dei singoli stati e hanno portato ai deludenti risultati cui abbiamo assistito?