Il processo virtuoso innescato dal recepimento della Direttiva europea in materia garantisce oggi in Italia il corretto recupero e riciclo degli accumulatori impiegati nei veicoli una volta giunti a fine vita
(Rinnovabili.it) – La gestione delle pile e degli accumulatori in Italia è regolata dal Decreto Legislativo 188 del 2008. Tra le tipologie di materiale individuate e definite dalla legge, oltre alle comuni pile impiegate nelle varie apparecchiature elettriche ed elettroniche, ci sono anche i cosiddetti accumulatori, che possono essere utilizzati o per l’avviamento dei motori dei veicoli (auto, moto, imbarcazioni) oppure per scopi industriali. Nel percorso intrapreso da questa sezione dedicata alla seconda vita dell’auto, ci chiediamo che fine facciano e come debbano essere trattati gli accumulatori dei veicoli una volta giunti alla fine del loro ciclo di vita.
Si tratta di accumulatori che vengono impiegati nei veicoli per provvedere all’accensione e all’illuminazione. La tipologia più diffusa è sicuramente quella piombo-acido che, con costi relativamente contenuti, riesce ad erogare correnti molto elevate ed ha un ciclo di vita piuttosto lungo; una volta esausta, però, deve essere opportunamente smaltita, data la presenza di un metallo pesante, il piombo, che è estremamente tossico. Oltre a questa, esistono anche gli accumulatori agli ioni di litio, impiegati principalmente nelle auto elettriche, e quelli nichel-cadmio, in genere più costosi e anche questi contenenti un metallo pesante (il cadmio) che se gettato in discarica o incenerito, può essere altamente inquinante.
Se in Italia il recupero e il riciclo delle batterie piombose è più datato (e in questo il COBAT ha fornito un ottimo supporto), quello di pile e accumulatori non basati sull’uso del piombo è diventato obbligatorio dal 1 gennaio 2009, da quando cioè il nostro Paese ha recepito la Direttiva europea 2006/66/CE con il Decreto Legislativo di cui sopra. Introducendo il principio che i costi di raccolta e riciclo debbano essere posti a carico dei produttori, il Decreto ha dunque previsto la costituzione di un Centro di Coordinamento Nazionale Pile e Accumulatori (CDCNPA), l’ente che ha il compito di garantire l’efficienza dell’intero sistema, incrementando le percentuali di raccolta e riciclo del materiale giunto a fine vita e salvaguardando l’economicità del servizio per tutti i soggetti coinvolti. Vietato dunque lo smaltimento in discarica o l’incenerimento, per gli accumulatori esausti si prevede un preciso e vincolante processo di recupero.
La raccolta degli accumulatori
La raccolta degli accumulatori per veicoli viene svolta in Italia dai sistemi collettivi e individuali aderenti al CDCNPA. Il servizio di ritiro viene effettuato presso tutti quei soggetti che detengono il rifiuto (officine, autoricambi, elettrauto, etc…) o dal produttore/importatore o dai sistemi aderenti al centro di coordinamento, una volta stabilite le condizioni operative economicamente più convenienti. Nel caso in cui ciò non sia possibile, i suddetti soggetti possono usufruire direttamente del servizio offerto dal CDCNPA e quindi avvalersi del supporto dei centri di raccolta comunali, di artigiani (come gli autodemolitori), di industrie e aziende o dei grandi utenti (come gli ospedali per esempio). All’interno del sito del centro di coordinamento è disponibile una sezione specifica in cui è possibile trovare i punti di raccolta della rete.
Trattamento
Una volta raccolti, gli accumulatori esausti devono essere opportunamente trattati sia per recuperare il materiale riutilizzabile sia per evitare la dispersione nell’ambiente di sostanze altamente inquinanti. Stando a quanto riferito dal CDCNPA, nel caso degli accumulatori per veicoli, il processo prevede una fase di raccolta differenziata e trasporto in aree di stoccaggio dedicate. Il materiale viene successivamente frantumato per consentire la separazione meccanica delle parti fisiche che compongono il dispositivo e la destinazione delle plastiche, circa il 10%, alle apposite industrie di riciclo. Nel caso degli accumulatori al piombo, una volta eliminate le plastiche si procede alla fusione del metallo pesante che, raccolto nei forni attraverso l’aggiunta di specifici reagenti chimici, sarà poi riraffinato attraverso l’eliminazione delle impurità: un processo che porta all’ottenimento del cosiddetto “piombo secondario”, un materiale con caratteristiche equivalenti a quelle del minerale originario e quindi reimpiegabile per altri usi.
Per rendere più efficiente il processo, il CDCNPA ha sottoscritto con l’ANCI un accordo di programma che punta a una migliore gestione di questa particolare tipologia di rifiuti: se da una parte i sistemi collettivi e individuali coordinati dal Centro di Coordinamento assicurano il ritiro degli accumulatori presso i centri di raccolta, dall’altra l’ANCI fa sì che vengano sviluppati adeguati modelli di raccolta, che privilegino l’efficacia, l’efficienza e l’economicità del servizio.