(Rinnovabili.it) – Il 24 maggio è stata inaugurata a Milano la prima sperimentazione italiana sui servizi avanzati del vehicle-to-grid, la cosiddetta V2G, la tecnologia che consente alle autovetture elettriche di immagazzinare e restituire energia alla rete, al fine di stabilizzarla.
Si tratta di un sistema bidirezionale con immense potenzialità se immaginiamo il futuro delle città basato sulle reti intelligenti, sulla produzione di energia distribuita da fonti rinnovabili, su sistemi IoT.
Il concetto su cui si basa V2G è molto semplice in quanto nasce da un’intuizione: perché non utilizzare l’energia presente nella batteria di una vettura elettrica mentre è parcheggiata e collegata ad una colonnina di ricarica? Immaginando un futuro, neanche tanto lontano, in cui il numero delle auto elettriche collegate alle colonnine sarà elevato, il parco batterie di bordo potrà davvero costituire un fattore di stabilità della rete ed un ottimo sistema per stoccare l’energia prodotta da fonte rinnovabile.
Su questi presupposti è partita la sperimentazione grazie ad un accordo tra RSE, Nissan ed ENEL X per raccogliere dati e produrre algoritmi che possano rendere ulteriormente intelligente e performante il sistema. L’obiettivo, così sfidante, è basato sulla realizzazione di una microrete sperimentale, presso la sede milanese di RSE, e l’utilizzo quotidiano di due Nissan Leaf. Una di queste vetture è utilizzata personalmente da Maurizio Delfanti, AD di RSE.
Prof. Delfanti, lei ha avuto l’opportunità di provare personalmente, tra i primi in Italia, il sistema di ricarica V2G. Ed è un test particolarmente realistico in quanto ha in prova una vettura Nissan LEAF per la percorrenza quotidiana della tratta ufficio / abitazione. Si tratta di una testimonianza per noi doppiamente interessante, sia perché riguarda una tecnologia particolarmente innovativa, sia perché lei è un tecnico e può meglio di altri fornirci un feed back realistico del suo effettivo funzionamento. Partiamo dall’inizio, in cosa consiste la tecnologia V2G per la ricarica dei veicoli elettrici?
Prelevare energia dalla rete per caricare le batterie di un veicolo elettrico, oppure restituire parte dell’energia accumulata a fronte di un comando della rete stessa. Ecco che cosa permette di fare la tecnologia che sta alla base del Vehicle-to-grid (V2G) e del Vehicle-to-Home (V2H), due diverse applicazioni (dette nel complesso V2x) che si differenziano qualora il comando provenga da un operatore di rete che si vuole approvvigionare di servizi per il Sistema Elettrico o da un sistema di gestione domestica dell’energia, per aumentare la quota di autoconsumi di un utente dotato di un proprio impianto fotovoltaico.
Un sistema di ricarica V2x consta di un inverter di potenza di tipo bidirezionale che si accoppia lato auto direttamente ai poli positivo e negativo della batteria del veicolo (300-500 Volt) e lato rete domestica in bassa tensione (230 V). In funzione dei comandi che riceve da un operatore di rete o dall’abitazione, l’inverter bidirezionale o preleva energia dalla rete per caricare la batteria alla pari di una comune colonnina di ricarica o preleva energia dalla batteria per mandarla in rete alla pari di un qualunque generatore (come ad esempio i sistemi FV).
Lei è il responsabile del centro RSE dove è stata allestita l’infrastruttura sperimentale V2G. Da un punto di vista dell’impiantistica si tratta di un allestimento più complesso rispetto ad una stazione di ricarica convenzionale? E se sì, per quali motivi?
La complessità di installazione di un impianto V2G (e i costi) sono, come è intuitivo, superiori a quelli di una wallbox tradizionale. Invero, la complessità aggiuntiva è confinata all’interno delle colonnine stesse. Queste ultime infatti devono interfacciarsi con l’automobile in corrente continua, come le colonnine per la ricarica rapida; ma l’elettronica di potenza al loro interno deve poter gestire flussi di potenza bidirezionali. Le colonnine che supportano il V2G saranno comunque dispositivi commerciali, che si integrano con il resto dell’impianto in corrente alternata come le colonnine tradizionali. L’unica accortezza è quella di dimensionare correttamente l’impianto, tenendo conto della bidirezionalità dei flussi di potenza, ad esempio nella scelta dei dispositivi di misura e di protezione.
Se pensiamo al caso domestico, il tutto è assimilabile alla installazione di un sistema di accumulo, in quanto presuppone l’esistenza di un contatore allo scambio con la rete pubblica e di un contatore che misura l’energia scambiata con l’auto. Quindi, direi un livello di complessità a cui gli utenti finali che hanno già un impianto FV o un accumulo sono in qualche modo abituati.
Come sono stati ripartiti, in questa fase sperimentale, i ruoli con i vostri partner: Nissan ed ENEL X?
La collaborazione tra RSE, Nissan ed EnelX copre tutte le aree di interesse di questa sperimentazione. Nissan ha infatti fornito due vetture Leaf (una è quella che al momento guido io), e ci assiste nel monitoraggio delle auto, dandoci la possibilità di acquisire le misure provenienti dal motore e dalle batterie, sia durante la guida che durante la ricarica. EnelX ha invece fornito le due colonnine di ricarica bidirezionale, che si interfacciano alla Test Facility di RSE attraverso una piattaforma basata sul cloud, gestita da EnelX stessa.
RSE infine si occupa dell’esperimento vero e proprio: vengono infatti analizzati diversi casi di utilizzo delle auto, da quello di una flotta aziendale a quello di un’automobile privata (qui la cavia sono io…), verificando i potenziali benefici derivanti dall’erogazione di servizi V2G, mediante l’utilizzo di algoritmi di gestione del parco auto sviluppati da RSE stessa.
E veniamo alle sue esperienze e valutazioni dirette: è circa un mese e mezzo che lei utilizza la Leaf ricaricandola con il sistema V2G. Quali impressioni ne ha riportato? Le batterie della sua vettura hanno mai alimentato utenze nella sua abitazione o ufficio?
L’esperienza per l’utente è pensata per essere molto simile a quella di una ricarica tradizionale: l’applicazione per l’avvio della ricarica che sta sviluppando RSE richiede solo alcuni dati aggiuntivi, come ad esempio a che ora si pensa di prelevare l’auto e con che autonomia. Sarà poi il sistema di gestione del parco auto che programmerà opportunamente i profili di scambio dei singoli veicoli connessi, rispettando le richieste dell’utente e non scendendo mai sotto uno stato di carica richiesto.
In questo modo stiamo provando a testare sia i servizi Vehicle-to-Home, usando le auto per incrementare l’autoconsumo dell’energia prodotta dal proprio impianto fotovoltaico, sia i servizi Vehicle-to-Grid, scambiando potenza con la rete sulla base di segnali provenienti dal gestore della rete stessa. Se l’algoritmo di gestione è opportunamente disegnato, l’utente trova sempre la sua vettura carica al livello richiesto: questa è almeno la mia esperienza diretta (fino ad ora…).
Con quale velocità crede possa diffondersi questa tecnologia in Italia e quali potrebbero essere i fattori strategici per una sua ancor più rapida affermazione?
Ovviamente, un solo veicolo elettrico connesso a un sistema V2G da solo non è sufficiente ad essere di aiuto al sistema elettrico. E’ necessario che ci sia una popolazione di auto elettriche (e quindi di batterie) per mettere a disposizione sia la potenza sia l’energia necessaria per dare un contributo significativo alla stabilità del sistema. La figura dell’aggregatore si dovrà sviluppare maggiormente ed adeguare per valorizzare anche questa nuova tecnologia, che permetterà una ulteriore penetrazione delle rinnovabili come tratteggiato nel PNIEC. RSE ritiene che questa sperimentazione sia un passo importante nella direzione giusta. Come anche importante sarà il processo di successiva sostituzione della flotta aziendale con auto full electric (o, per alcune esigenze, con auto ibride plug-in): anche qui, ci siamo dati un traguardo sfidante, a brevissimo termine (primo quarter del 2020). Se guardiamo ai fattori strategici a livello nazionale, a breve sarà pronto un Decreto in materia (cd Decreto V2G, alle cui attività preparatorie RSE ha contribuito).
Ma ritengo che la mobilità sostenibile (che non è solo auto elettrica) sia una dimensione del PNIEC su cui si possa mostrare più coraggio: per esempio, immaginando una tariffa di ricarica particolarmente “leggera”, magari in cambio di una ricarica flessibile. Simili vantaggi si potrebbero ottenere sfruttando le reti quando sono meno cariche (ricarica in fascia F3); ma anche impiegando sin dall’inizio infrastrutture intelligenti, che permettano ai distributori di modulare la ricarica in una sola direzione (cd servizi V1G) e al sistema di valorizzare dinamiche di ricarica evolute, come appunto il V2G.