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L’Ue deve decidere se bandire l’olio di palma nella produzione di biodiesel

Prende forza la petizione delle sigle ambientaliste #NotInMyTank per il bando immediato dell'olio di palma, ma istituzioni e industrie chiedono una soluzione più tollerante.

olio di palma

Entro il 1° febbraio la Commissione europea deciderà in quale misura vietare l’olio per la produzione di biocarburanti

 

(Rinnovabili.it) – Olio di palma nel motore? No grazie. La petizione per vietare l’uso dell’olio di palma nella produzione di biocarburante ha già raccolto oltre 500 mila firme e punta a raddoppiare le adesioni entro il 1° febbraio, giorno in cui è prevista la decisione in merito da parte della Commissione europea.

Nella giornata di ieri, intanto, in diverse città europee, si sono svolti sit-in delle associazioni sostenitrici della campagna social #NotInMyTank, la petizione pubblicata sulla piattaforma SumOfUs: Lisbona, Parigi, Madrid, Berlino, Bruxelles, Praga e Roma hanno visto scendere in piazza gli attivisti vestiti da orango per protestare contro la filiera dell’olio di palma che porta alla conversione di ampie aree di foresta pluviale e impoverisce l’habitat in cui vivono moltissime specie, tra cui, appunto gli orango.

 

La protesta ha assunto i caratteri di salvaguardia ambientalista: tra le promotrici della petizione, Legambiente ha calcolato che ogni giorno 25 orango muoiano per cause associate alla coltivazione dell’olio di palma (deforestazione e attacchi dai guardiani delle piantagioni).

Non solo: le Ong sostenitrici battono anche sulla carenza d’informazioni legate all’impiego dell’olio incriminato: un sondaggio Ipsos cui hanno partecipato 4.500 cittadini di 9 Paesi europei ha messo i luce la scarsezza di informazioni a riguardo (l’87% degli italiani non sa che il biodiesel si produce con l’olio di palma). Una volta informati, però, il 75% degli intervistati si è dichiarato contrario a questa pratica.

 

Ma la questione su biodiesel/materie prime è anche e soprattutto una battaglia industriale e politica. L’olio di palma viene largamente usato nella produzione di biodiesel: si calcola che oltre il 51% delle importazioni europee sia destinato alle raffinerie di biocarburante. In Italia, il secondo produttore di biodiesel dopo la Spagna, l’olio di palma è utilizzato nella produzione per circa il 95% dell’importato.

Nel 2015, proprio uno studio commissionato dall’Ue rivelava come, tenendo in considerazione l’intera filiera produttiva (compresi fenomeni di deforestazione e trasporto), l’olio di palma risulti più impattante sull’ambiente rispetto al gasolio fossile.

 

>>Leggi anche OMS: Industria olio di palma, stesse tattiche delle lobby del tabacco<<

 

Un tema su cui il Parlamento europeo ha già approvato una risoluzione in cui chiede alla Commissione europea di vietare progressivamente l’uso dell’olio nella produzione di biodiesel entro il 2030. La Commissione ha tempo fino al 1° febbraio per convertire la delibera in obbligo di Legge, ma le associazioni ambientaliste temono in un divieto “soft” (fonti ufficiose parlano di un limite al 7% di olio sul totale della produzione di biodiesel) e spingono per la messa a bando anticipata dell’olio di palma nel 2025.

 

A sostegno del bando ci sono anche i produttori di carburanti “concorrenti”: l’associazione europea per l’industria dell’etanolo, ePURE spinge per il sostegno alla produzione di etanolo che produrrebbe emissioni di gas serra inferiori del 64% rispetto ai combustibili fossili e potrebbe essere prodotto integralmente in Europa a differenza del biodiesel che comporta una spesa annua di 7 miliardi di euro in importazioni, principalmente dal sud est asiatico.

Di parere opposto, invece, le grandi compagnie energetiche (in Italia, Eni ha puntato sul biodiesel nella riconversione dei suoi impianti a Gela e Porto Marghera) e le autorità dei Pasei produttori: recentemente il Governo dell’Indonesia ha stimato in 10 milioni le persone uscite dallo stato di povertà grazie all’industria dell’olio di palma e ha invitato l’Ue a tenere in considerazione gli effetti sociali di un abbandono drastico del prodotto.

 

Una partita tutta da giocare: mantenere in equilibrio gli interessi dell’ambiente, quello dei produttori e quelli delle persone coinvolte (dall’una e dall’altra parte) sarà un compito difficile specie nei tempi ristrettissimi che restano per una decisione finale.