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Rete colonnine EV, l’Italia ha bisogno di un’infrastruttura più omogenea

Il Belpaese è tra i migliori per rapporto tra punti di ricarica e numero di auto elettriche circolanti. Ma dovrà potenziare l’infrastruttura di 4,5 volte per centrare gli obiettivi UE al 2030. E il 60% delle colonnine è concentrato in appena 5 regioni, uno scenario squilibrato che, per dinamiche di mercato, invoglia gli operatori a investire dove la rete è già buona. Per correggere la rotta serve più pianificazione

Rete colonnine EV Italia: T&E, serve più omogeneità
Foto di Sophie Jonas su Unsplash

I consigli di Transport & Environment sulla rete colonnine EV in Italia

(Rinnovabili.it) – L’Italia è sulla buona strada per avere un’infrastruttura di ricarica per auto elettriche all’altezza del passaggio alla mobilità elettrica. Ma deve fare attenzione a non dissipare quanto di buono fatto finora. Bisogna soprattutto rendere più omogenea sul territorio la rete di colonnine per EV in Italia. E potenziarla, accelerando rispetto ai ritmi attuali. Lo sottolinea l’ong Transport & Environment (T&E).

Potenziare la rete colonnine EV in Italia…

Il Belpaese è già in regola con gli obiettivi comunitari fissati per il 2026. Ma nel pacchetto legislativo Fit for 55, l’UE ha determinato anche dei target al 2027 e al 2030 per la potenza di ricarica da installare in ogni paese membro. Per rispettarli, Roma deve potenziare la rete di colonnine per EV rispettivamente di 1,5 e di 4,5 volte.

Ma l’ostacolo maggiore è quello di raggiungere una distribuzione capillare delle colonnine. Oggi l’Italia presenta luci e ombre. È tra le migliori in Europa per rapporto tra parco circolante elettrico e punti di ricarica. Secondo i dati di Motus-E, ha 23 punti di ricarica ogni 100 veicoli elettrici, quindi fa meglio di altri grandi mercati auto europei come Francia e Germania (rispettivamente fermi a 14 e 10 punti ogni 100 EV).

Un dato, questo, che è “certamente un indicatore positivo, ma di per sé non sufficiente o risolutivo”, sottolinea T&E. Perché in Italia dipende dal basso livello di diffusione di veicoli elettrici – appena 230mila auto full electric e 242mila ibride plug-in – mentre la quota di mercato a fine 2023 era ancora circa tre volte inferiore alla media europea (4,2% contro 14,6%).

Vietato sedersi sugli allori, quindi: “Un più rapido dispiegamento dell’infrastruttura di ricarica accelererebbe il mercato della mobilità elettrica, permettendo sia di ridurre maggiormente le emissioni da trasporto stradale, sia di rendere più redditizio il business case per gli operatori dei punti di ricarica”, argomenta l’ong.

…e renderla più omogenea

Il grande neo della rete di colonnine EV in Italia è una mappa dei punti di ricarica disomogenea: il 60% dell’infrastruttura è concentrata soprattutto in 5 regioni, nonostante queste rappresentino il 35% del territorio e ospitino poco meno del 50% della popolazione e dei veicoli leggeri. Lo squilibrio dipende dalla diffusione di EV, maggiore in quelle regioni. Di conseguenza, per gli operatori è più conveniente continuare a investire in quelle aree geografiche e non in altre. Ma “lo sviluppo della mobilità elettrica non può rimanere ostaggio di un dilemma – se debba venire prima l’infrastruttura di ricarica o l’auto elettrica – che altri Paesi hanno risolto brillantemente”, avverte T&E.

Serve una pianificazione migliore da parte dello stato. “Se è vero che gli sforzi (e i costi) di infrastrutturazione saranno maggiori nella fase iniziale dell’elettrificazione della mobilità su gomma, questi andranno decrescendo man mano che flotta circolante zero emission sarà maggiore; e lo sforzo incrementale per installare colonnine di ricarica sarà pertanto minore e più profittevole”, conclude l’ong.

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