Via libera al Decreto Ponte sullo Stretto pubblicato in GU
(Rinnovabili.t) – Un’infrastruttura a campata unica da 3.300 metri per 60,4 metri larghezza dell’impalcato, con 6 corsie stradali e 2 binari ferroviari per una capacità di 6.000 veicoli l’ora e 200 treni al giorno. Sono alcune delle cifre del progetto per il Ponte sullo Stretto di Messina, contenute nel Decreto Legge n.35 del 31 marzo 2023 pubblicato in Gazzetta Ufficiale e che dal 12 al 17 aprile approderà in Commissione Ambiente e Trasporti della Camera.
I numeri del Decreto Ponte
“È una scelta storica, che apre a una infrastruttura da record mondiale e con forte connotazione green: il Ponte permetterà una drastica riduzione dell’inquinamento da Co2 e un calo sensibile degli scarichi in mare”, commenta il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. “Significativo l’aspetto economico: il costo per la realizzazione del Ponte e di tutte le opere ferroviarie e stradali di accesso su entrambe le sponde è oggi stimato in 10 miliardi.
Con il completamento dell’alta velocità delle due regioni che verranno collegate dal Ponte sullo Stretto si stima il dimezzamento del tempo di percorrenza, oggi pari a circa 12 ore tra Roma e Palermo. Il progetto prevede 8.000 elaborati, una campata lunga tra i 3.200 e i 3.300 metri, a fronte di 3.666 metri di lunghezza complessiva comprensiva delle campate laterali, 60,4 metri larghezza dell’impalcato, 399 metri di altezza delle torri, 2 coppie di cavi per il sistema di sospensione, 5.320 metri di lunghezza complessiva dei cavi, 1,26 metri come diametro dei cavi di sospensione, 44.323 fili d’acciaio per ogni cavo di sospensione, 65 metri di altezza di canale navigabile centrale per il transito di grandi navi, con volume dei blocchi d’ancoraggio pari a 533.000 metri-cubi.
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Secondo i tecnici del Ministero il Ponte sullo Stretto di Messina è progettato per resistere ad un sisma di magnitudo 7,1 della scala Richter con un impalcato aerodinamico di “terza generazione” stabile fino a velocità del vento di 270 km/h.
Dopo le esternazioni degli ambientalisti, che già agli albori della proposta di collegamento tra Calabria e Sicilia si erano espressi con criticità, arrivano altre considerazioni. Questa volta è il divulgatore scientifico e geologo Mario Tozzi a stilare una lista dei luoghi comuni maggiormente diffusi sull’infrastruttura.
I 14 luoghi comuni da smontare secondo Mario Tozzi
Poco convinto dell’opera approvata dal Mit, il geologo Mario Tozzi affida ai social il suo commento critico provando a confutare 14 luoghi comuni.
- Chi si oppone al ponte lo fa per ideologia. No, lo fa perché ci tiene che la situazione paesaggistica, ambientale e culturale dello stretto non sia sfregiata per sempre. Perché conosce il valore degli ecosistemi e sa che contribuiscono in maniera fondamentale al benessere dei sapiens. L’ideologia non c’entra, c’entra l’ecologia.
- Chi si oppone al ponte è di sinistra. Non è condizione necessaria né sufficiente, basta avere a cuore il futuro dei sapiens, la natura e il paesaggio. I partiti non c’entrano: la mia prima opposizione al ponte è del 1996, quando governava Prodi e quel governo voleva il ponte.ù
- Chi si oppone al ponte si oppone al progresso e allo sviluppo. A parte che non credo il progresso si misuri in cemento e asfalto, non è più tempo che le infrastrutture guidino lo sviluppo, lo devono assecondare, semmai. Un esempio: il nordest italiano è un grande motore economico, pure se non è così infrastrutturato. Invece la zona di Corigliano Calabro, pur avendo goduto di un nuovo grande porto, non si è sviluppata così tanto: l’infrastruttura non ha portato alcuna differenza.
- Ma i ponti altrove li fanno. Sì, ma solo dove servono, non risulta sia in costruzione un ponte sullo stretto di Gibilterra per unire Africa e Europa e nemmeno uno sulle Bocche di Bonifacio.
- E allora il Golden Gate? Cosa abbia a che vedere lo sconfinato spazio nordamericano con quello dello stretto non si comprende. Peraltro il Golden Gate perde qualche milione di dollari all’anno, nonostante il pedaggio. Quando è stato costruito, poi, il risanamento antisismico della baia di Oakland era già avanzato e il resto delle infrastrutture sostanzialmente in ordine. Prima la sicurezza.
- E allora il ponte giapponese in area sismica? Costruito dopo 30 anni dal progetto, il ponte di Akashi fu risistemato dopo il terremoto del 1995, che non era stato previsto di quella M. Il pilone meridionale si spostò di 120 cm. La ferrovia, inizialmente prevista, non fu mai realizzata. Non proprio un ottimo paragone.
- Il ponte sullo Stretto di Messina serve ai pendolari. No, dei circa 5000 pendolari, oggi l’80% non prende l’auto e ci mette 25′. Domani ci metterebbe un’ora per prendere l’auto, uscire da Reggio C. o Messina, pagare pedaggio, attraversare, rientrare in Me o Rc, parcheggiare.
- Il ponte serve alle merci. No, una cassetta d’arance da Palermo a Genova conviene spedirla con la nave, considerando che 1 hp marino sposta 4000 kg di merce e uno su gomma 150.
- Serve ai turisti: Solo un insano di mente può andare in auto da Francoforte a Catania. E se vuole può imbarcare l’auto a Genova o a Napoli, si riposa e inquina meno.
- Sarà un’attrazione turistica: se qualcuno viene in Sicilia per il ponte e non per Piazza Armerina, Palermo, Catania, Etna, Alcantara, Nebrodi, Segesta, Selinunte, Taormina, Eolie, Egadi va ricoverato d’urgenza in tso.
- Chi si oppone al ponte è razzista perché al sud non si fa mai niente. Io mi oppongo a tutte le opere inutili, comprese bretelle, pedemontane e altre amenità, dovunque siano.
- Basta con i no. Lo dico anche io, basta con quelli sbagliati: lo scolmatore del Bisagno a Genova bisogna realizzarlo subito, così come gli impianti di trattamento biologico dei rifiuti. Che c’entra col ponte non si capisce.
- Gli italiani sono grandi costruttori di ponti. Vero, però negli ultimi 10 anni ne sono crollati una dozzina.
- I romani costruivano ponti, gli egiziani le piramidi, i francesi la tour Eiffel. Ne prendiamo atto, ma erano altri tempi e le considerazioni ambientali di là da venire. Oggi l’Italia divora 2 mq/sec di territorio, una cifra spaventosa. Ci sarà un limite alla nostra espansione, o pensiamo di poter vivere senza ambienti naturali?