Il Ponte sullo Stretto di Messina garantirà la massima utilità solo se accompagnato da interventi di efficientamento della rete infrastrutturale del Mezzogiorno
Ance: “Il Ponte sullo Stretto è un tassello indispensabile per le infrastrutture del Paese”
(Rinnovabili.it) – Proseguono i lavori in Commissioni Ambiente e Trasporti della Camera, sul disegno di legge di conversione del DL 35/2023 dedicato alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. Si delineano sempre più nitidamente le due fazioni opposte di coloro che al Ponte dicono “si” ed i più scettici e timorosi che l’opera possa solo rappresentare un ennesimo lavoro incompiuto. A metter d’accordo entrambe le posizioni tuttavia è il tema della infrastrutture del Mezzogiorno che dovrebbero servire al fatidico Ponte di Messina.
“L’utilità del Ponte sullo Stretto di Messina sarà massima se verrà effettivamente accompagnato dagli interventi di efficientamento delle reti transportistiche di tutto il Mezzogiorno, che sono ancora molto lontane dagli standard minimi presenti in altre regioni italiane, e dagli interventi diffusi sul territorio, che possano rendere veramente competitive quell’area del Paese”, commenta il VP di ANCE Michele Pizzarotti ascoltato in audizione alla Camera.
“Per questo motivo, è importante garantire risorse adeguate a recuperare il gap infrastrutturale del Mezzogiorno, attraverso il finanziamento delle opere prioritarie e di quelle ordinarie di cui, in Sicilia e Calabria in particolare, vi è assoluta e urgente necessità”.
Un impegno finanziario consistente
Secondo Ance la costruzione del Ponte sullo Stretto richiederà un impegno finanziario molto consistente che dovrà trovare adeguata copertura nella prossima Legge di Bilancio. Il costo dell’opera si può leggere dall’Allegato infrastrutture del DEF 2023: circa 13,5 mld di euro di investimento complessivo, ai quali si aggiungeranno 1,1 mld di opere ferroviarie complementari, oltre a quelle stradali di minore impatto economico.
Tuttavia per l’Associazione Costruttori, le competenze dell’industria italiana sono garanzia sufficiente per realizzare l’opera secondo la massima sostenibilità ed i più elevati standard tecnici ed ambientali. Insomma un intervento, quello del Ponte sullo Stretto, da interpretare “quale vera sfida ingegneristica estremamente complessa”.
Gli investimenti infrastrutturali nel Mezzogiorno sono però indispensabili
La costruzione del Ponte sullo Stretto per generare un beneficio deve però essere affiancata da una valida ristrutturazione della rete infrastrutturale di Calabria, Sicilia e più in generale del Mezzogiorno. Il PNRR, come sottolinea Ance, ha avvito un importante piano di rilancio delle infrastrutture che prevede circa 108 mld di euro di investimenti in opere di tutte le dimensioni(ferrovie, scuole, manutenzione del territorio, ecc). “Quello italiano è il più grande piano infrastrutturale, finanziato dal Recovery Plan, in corso in Europa. Basti pensare che il piano infrastrutturale contenuto nel PNRR italiano vale più della somma di quelli previsti nei piani di Francia, Germania e Spagna”, commenta Pizzarotti. Parte del piano sarà destinata alle infrastrutture del Mezzogiorno con un investimento di circa 45 mld di euro di cui 12 mld a favore della rete ferroviaria “la cui arretratezza è sotto gli occhi di tutti: solo 49 Km di ferrovie al Sud per 1.000 Kmq di superficie, contro i 63 del Nord ed i 56 del Centro”. Record altrettanto negativo si registra riguardo le grandi reti autostradali: per ogni 1.000 Kmq di superficie si hanno 18 Km di rete autostradale, a fronte dei 30 del Nord e dei 20 del Centro. E lo stesso vale per le infrastrutture idriche. Per Ance “la priorità deve essere quella di recuperare il ritardo infrastrutturale che divide il Sud dal resto del Paese e dell’Europa, in un’ottica di integrazione e di sviluppo”.
Solo migliorando il contesto, secondo i costruttori, il Ponte sullo Stretto diverrebbe un tassello fondamentale.
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Il problema del Caro materiali
Esistono però dei problemi reali di estrema attualità che necessitano di una risposta chiara da parte del Governo, per evitare che il Piano Infrastrutturale del PNRR possa fallire.
La prima è inevitabilmente il pagamento del caro materiali da parte del Ministero delle infrastrutture. “Gli eccezionali rincari delle materie prime e dei prodotti energetici, emersi a partire dalla fine del 2020 ed acuiti con lo scoppio della guerra in Ucraina, hanno determinato uno slittamento in avanti dei cronoprogrammi degli investimenti del PNRR. Gli aumenti registrati negli ultimi due anni sono mediamente del 35/40%”. Le risorse del Mit sono rimaste in gran parte sulla carta mentre si attendono ancora i pagamenti del secondo semestre 2021, “immotivatamente bloccati” e il miliardo di euro per il caro materiali 2022.
Il secondo problema da affrontare secondo Ance è il tema delle garanzie. “Ad aggravare la situazione finanziaria delle imprese di costruzioni si sono infatti aggiunte difficoltà nell’ottenere le garanzie necessarie per partecipare alle gare d’appalto e ricevere l’anticipazione contrattuale. Si registra una forte contrazione da parte degli istituti bancari e assicurativi nel rilasciare alle imprese le garanzie necessarie per la partecipazione e, soprattutto, per l’esecuzione degli appalti pubblici, nonché per l’erogazione dell’anticipazione contrattuale. Questo sta mettendo a rischio la realizzazione del PNRR. Sarebbe quindi opportuno prevedere la facoltà per SACE di avvalersi di riassicuratori e controgaranti del mercato privato per ottimizzare la gestione del rischio e assicurare una più ampia capacità a fornire garanzie”.