(Rinnovabili.it) – Il platino utilizzato come catalizzatore e residui di potatura come materia prima per la produzione di biocarburanti. Questi gli ingredienti principali di un nuovo progetto analizzato dalla Fondazione Andalusa per la diffusione dell’innovazione e della conoscenza (Fundación Descubre) in collaborazione con l’Università di Cordoba e l’Istituto KTH di Stoccolma finalizzato a far aumentare la produzione di biocarburanti a partire da materiali non-food, come i residui di potatura migliorando l’efficacia dei processi impiegando il platino come catalizzatore.
La scorsa settimana la Fundación Descubre ha dichiarato, per voce del suo collaboratore Vicente Montes che “nel processo di conversione della biomassa in combustibile il catalizzatore ha il ruolo di combinare e ordinare le particelle di ossido di carbonio e di idrogeno formando una catena” aggiungendo che “il problema è che il catalizzatore si alterata a causa della presenza di zolfo proveniente dalla biomassa”. Questo genera particelle di cobalto più grandi, che rendono il processo di catalizzazione più lento. Nel rapporto la Fondazione spiega come riuscire a superare un tale ostacolo, che si traduce in una perdita di produzione di biocombustibile, semplicemente impiegando una piccola quantità di platino che, disperdendo le particelle che compongono la catena, permette di migliorare l’efficienza del processo.
“Incorporando platino a questo metodo sintetico di produzione notiamo che non solo l’attività non viene rallentata ma anzi aumenta leggermente e si stabilizza, facendoci aumentare la produzione di biocarburante di circa 5 volte”.
Quello che inizialmente ha preoccupato è l’elevato costo del platino, metallo molto raro. Su questo punto è intervenuto Montes, che ha dichiarato “Viene utilizzata una quantità molto piccola di platino, in modo da non far aumentare notevolmente il costo del processo e renderlo appetibile anche per l’industria in un futuro. Il passo successivo sarà studiare ulteriormente il comportamento del catalizzatore con lunghi tempi di reazione, cercando valutare il loro possibile uso”, conclude il ricercatore.