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Olio di palma e biocarburanti, l’Indonesia si appella al WTO

Dal 2030 l’Europa non accetterà più biocarburanti prodotti da olio di palma. Un grave danno per l’economia dell’Indonesia che, spalleggiata dalla Malesia, si è appellata all’Organizzazione mondiale del Commercio per intentare una causa

olio di palma
Credit: European Space Agency per Flickr

L’Indonesia pronta a far causa all’UE per il divieto di impiegare l’olio di palma nel biodiesel

(Rinnovabili.it) – La decisione da parte di Bruxelles di eliminare entro il 2030 l’uso dell’olio di palma dalla produzione di biodiesel non è affatto piaciuta all’Indonesia. E il Paese, come promesso e minacciato, si è rivolto questa domenica all’Organizzazione Mondiale del Commercio per intentare una causa contro l’Unione Europea. 

Tensioni e possibili ripercussioni erano nell’aria da almeno due anni. Nell’aprile del 2017 – lo ricordiamo – il Parlamento europeo aveva approvato una risoluzione su “l’olio di palma e la deforestazione delle foreste pluviali” e, a marzo 2019, ulteriormente limitato il numero di biocarburanti a base di olio di palma utile per il conteggio delle quote rinnovabili. L’ultimo “colpo” è arrivato nell’agosto di quest’anno, con la reintroduzione dei dazi sulle importazioni sovvenzionate di olio di palma dall’Indonesia, e tariffe che variano dall’8% al 18% a seconda del produttore.  Nell’insieme, un pacchetto d’azione che, secondo le intenzioni di Bruxelles, avrebbero portato entro il 2030 alla completa eliminazione dell’olio di palma – certificato e non – dalla produzione del biodiesel. 

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Primo al mondo nella produzione di olio di palma con 31 milioni di tonnellate l’anno e circa 20 miliardi di introiti, lo stato del sud-est asiatico in più occasioni aveva ribadito i propri impegni in fatto di sostenibilità respingendo al mittente qualsiasi accusa di danno ambientale. Oggi alle minacce sono seguite i fatti. “L‘Indonesia ha inviato ufficialmente una richiesta di consultazione il 9 dicembre 2019 all’UE come primo passo per la causa“, ha dichiarato infatti il ministro del commercio Agus Suparmanto, mantenendo fede alle minacce di ritorsione – tra cui un precedente appello al WTO – già lanciate all’UE negli scorsi mesi. 

Presente alla COP25 di Madrid insieme ad una folta e ben nutrita delegazione tra parlamentari, industriali e lobbisti, l’Indonesia ha potuto contare contare per la sua crociata sull’appoggio della vicina – e non solo geograficamente – Malesia, seconda al mondo nella produzione di olio di palma. Prima di procedere per vie legali, il ministro delle industrie primarie della Malesia Teresa Kok ha comunque detto che proverà in occasione del suo viaggio in Europa già programmato per marzo 2020 a convincere i funzionari europei a cambiare rotta. Altrimenti, è la minaccia, prenderà la strada già imboccata dall’Indonesia. 

 

Ad oggi  l’olio vegetale più utilizzato al mondo è un ingrediente chiave per la produzione di una vastissima gamma di prodotti, dagli alimenti ai cosmetici, fino appunto ai biocarburanti. In Italia – va ricordato – il 95% del biodiesel è prodotto con olio di palma (dato Transport&Environment), il che fa del nostro paese il secondo (dopo la Spagna) in Europa per quantitativi immessi sul mercato.

Come più volte denunciato dalle principali ONG ambientaliste, tra cui in primis Greenpeace e WWF, la produzione di olio di palma ha portato negli ultimi anni a gravissime ed irrimediabili conseguenze per l’ambiente. Gli incendi appiccati sull’intro territorio per far spazio alle coltivazioni delle palme hanno distrutto, solo nel periodo giugno-ottobre di quest’anno, 529.267 ettari di foresta, e liberato oltre 720 megatonnellate di CO2. 

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