Oltre un terzo della flotta attuale e in costruzione dovrà passare rapidamente a tecnologie a zero emissioni o essere dismesso in anticipo
Solo le navi già esistenti e quelle in costruzione bruceranno 2 volte il budget di carbonio dello shipping compatibile con 1,5°C. Le emissioni di gas serra delle navi, a metà secolo, potrebbero superare i 18 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente (GtCO2eq), ben sopra le 9,6 GtCO2eq con cui il comparto navale rispetterebbe una traiettoria allineata a Parigi.
Per rispettare il limite più ambizioso del trattato sul clima, oltre un terzo della flotta attuale e in costruzione, per un valore superiore a 400 miliardi di dollari, dovrà passare rapidamente a tecnologie a zero emissioni o essere dismesso in anticipo rispetto alla sua durata di vita utile.
“Per comprendere l’entità della sfida, ciò equivale a ordinare da oggi solo navi a emissioni zero e a sostituire immediatamente o convertire a navi a emissioni zero tutte le navi costruite prima del 2016”, afferma un rapporto dello Shipping and Ocean Research Groups della UCL, che prevede un percorso non semplice né del tutto indolore per la decarbonizzazione del settore navale. Aggravato dalle resistenze a cambiare orientamento.
Perché? Oltre il 40% delle navi globali trasporta combustibili fossili, e quasi tutte funzionano con combustibili fossili. La transizione globale dai combustibili fossili aumenterà i rischi, specialmente per le navi che trasportano gas liquefatto, che potrebbero affrontare un eccesso di offerta. Entro il 2030, il 26-32% del valore della loro flotta potrebbe essere a rischio, sottolinea il rapporto.
Come abbattere le emissioni di gas serra delle navi?
Tre le soluzioni da perseguire contemporaneamente:
- retrofit delle navi esistenti,
- investimenti in tecnologie per l’efficientamento energetico,
- preferenza per navi facilmente convertibili.
Ma non sono di semplice attuazione. Sebbene il retrofit delle navi con tecnologie a zero o quasi zero emissioni possa salvare gran parte della flotta, ad esempio, questa soluzione comporta costi significativi, con conseguente svalutazione degli asset. Un altro aspetto critico è la carenza di investimenti in tecnologie per la transizione. Che espone armatori e investitori a perdite impreviste. Per mitigare questi rischi, suggerisce lo studio, bisognerebbe orientarsi verso navi con flessibilità nella riconversione ad altro tipo di carico, e a doppia alimentazione.