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Decarbonizzazione della navigazione, la sostenibilità energetica arriva nei porti

La decarbonizzazione della navigazione
Mauro Spagnolo con gli ospiti della tavola rotonda. Da sinistra: Rita Taraschi, Fabio Tore, Barbara Manca, Roberto Minerdo, Walter Quarto, Franco Del Giudice, Roberto Patrizi, Marco Faimali

I grandi obiettivi di decarbonizzazione della navigazione

La decarbonizzazione della navigazione è uno dei temi più rilevanti dal punto di vista ambientale. Infatti il trasporto marittimo muove oltre l’80% del volume degli scambi mondiali e produce circa il 3% di emissioni globali di gas serra.

Negli ultimi dieci anni l’aumento delle emissioni è stato del 20%, un ritmo evidentemente insostenibile.

La decarbonizzazione della navigazione, tema centrale per i trasporti marittimi, è al centro della tavola rotonda – organizzata da Rinnovabili nell’ambito del MED FEST di Cagliari – e condotta dal direttore Mauro Spagnolo.

È indispensabile un’azione coordinata pubblico-privato

La decarbonizzazione della navigazione è quindi una questione di sopravvivenza che ha costi economici ingenti, e che senza le indispensabili infrastrutture nei porti non avrà futuro. Cosa significa in concreto? Che si può parlare di un futuro green solo con un’azione coordinata pubblico-privato.

L’International Maritime Organization (IMO) è l’agenzia delle Nazioni Unite responsabile della sicurezza e della protezione della navigazione e della prevenzione dell’inquinamento marino e atmosferico causato dalle navi.

La Commissione Europea ha concordato con l’IMO una strategia che prevede un percorso graduale di decarbonizzazione della navigazione per arrivare ad azzerare le emissioni entro il 2050.

Per comprendere quanto sia sfidante questo obiettivo bisogna ricordare che la flotta commerciale mondiale dipende per quasi il 99% dai carburanti convenzionali ed ha un’età media di 22 anni. Il 40% di quella italiana supera i 30 anni.

Conoscere l’invecchiamento della flotta aiuta a comprendere l’entità del problema. È evidente che realizzare una efficace strategia di decarbonizzazione della navigazione non solo è molto impegnativo, ma comporta anche costi ingenti per le compagnie di navigazione.

Zero emissioni entro il 2050? Il costo è altissimo

Per raggiungere l’obiettivo net zero entro il 2050 si dovrebbero sostituire i mezzi di navigazione o almeno adeguarli ai nuovi standard.

Secondo le stime di Drewry – una società britannica di consulenza indipendente nel campo della ricerca e della consulenza per il trasporto marittimo – i costi per la decarbonizzazione della navigazione potrebbero superare i tremila miliardi di dollari nei prossimi 25 anni. Gran parte dei costi sarebbero destinati alla sostituzione e/o all’adeguamento delle flotte.

Uno dei nodi da sciogliere riguarda i carburanti. Si progettano nuove navi ma tra le imprese del settore c’è grande incertezza: conviene investire su nuove tecnologie senza certezza di incentivi adeguati e soprattutto senza certezza su cosa sostituirà i carburanti tradizionali? Senza contare che i maggiori oneri peserebbero sul comparto della navigazione nel suo insieme.

L’impatto della decarbonizzazione sui porti

La decarbonizzazione avrà impatti rilevanti anche sui porti, sugli scali e sugli operatori marittimi e portuali.

Da hub di movimentazione merci, i porti dovrebbero diventare hub energetici. In pratica si dovrebbero elettrificare le banchine (cold ironing) dopo aver risolto il problema del loro approvvigionamento elettrico e aver determinato quali debbano essere i prezzi per gli utenti.

Per il cold ironing il PNRR ha stanziato circa 700 milioni di euro per cofinanziare una cinquantina di porti; i progetti riguardano per ora Bari, Brindisi, Termoli (in provincia di Campobasso) e Porto Nogaro (in provincia di Udine).

Inoltre, la Commissione Europea ha approvato un pacchetto di aiuti di 570 milioni di euro che il Governo italiano ha stanziato per incentivare le navi a utilizzare l’energia erogata dalle reti elettriche terrestri mentre sono ormeggiate nei porti.

Il regime prevede anche la riduzione degli oneri generali di sistema fino al 100% fino alla fine del 2033: il minore costo dell’energia elettrica da reti terrestri dovrebbe essere competitivo rispetto a quello dell’energia prodotta a bordo da combustibili fossili.

Le fonti rinnovabili nei porti

Un altro aspetto da non sottovalutare è l’efficienza energetica, ovvero la disponibilità di fonti rinnovabili nei porti (green ports) e l’ipotesi di creare delle comunità energetiche portuali, con relativi investimenti.

Ovviamente, questa soluzione imporrebbe una normativa uniforme valida su tutto il territorio nazionale.

Infine, come si vede dal Piano del Mare, tra le questioni da risolvere c’è anche il deposito e la distribuzione dei carburanti alternativi e sintetici.

Quale l’impatto avrà invece la decarbonizzazione della navigazione sulle infrastrutture dei territori comunali? Per non arrivare alla paralisi che caratterizza le tante opere rimaste lettera morta, sarà necessario avviare un confronto tra enti, stakeholders e comunità per superare le diffidenze e arrivare a soluzioni che rispettino l’ambiente ma anche i cittadini che vivono in queste aree.

Riunire i cluster del mare per intervenire sulle scelte strategiche

I tempi per arrivare a zero emissioni indubbiamente sono stretti. Roberto Minerdo, Presidente di ONTM (Osservatorio Nazionale per la Tutela del Mare) spiega qual è la situazione attuale, tra logistica, infrastrutture e nuovi carburanti: «L’idrogeno creerebbe problemi, dipende dalla conformazione dei porti, i nostri sono dentro le città.

Soprattutto si deve intervenire sulle infrastrutture dei porti. Le banchine dovrebbero avere potenza sufficiente per alimentare le navi attraccate in porto, ma non tutti i porti sono riusciti ad avviare il sistema cold ironing.

È avanti anche la ricerca per alimentare le navi a banchina con energie da fonti rinnovabili. Come ONTM abbiamo anche sostenuto la costituzione di comunità energetiche rinnovabili nel porto.

Inoltre stiamo cercando di riunire le sigle che operano nel cluster mare per avere più forza, non solo per fare richieste ma per portare proposte utili e per intervenire sulle scelte strategiche prima che vengano adottate».

Porti sempre più smart

La trasformazione dell’industria marittima ha assunto dimensioni inaspettate, se si considera che il settore è tradizionalmente resistente ai cambiamenti, specie se hanno a che fare con la tecnologia.

Il mercato pone sfide che richiedono un approccio globale e sistemico in cui la tecnologia ha un ruolo di primo piano. In questa prospettiva si sta concretizzando l’idea degli smart port.

Alla trasformazione digitale sono legati i progetti più innovativi che prevedono l’adozione di nuove tecnologie: intelligenza artificiale, blockchain, connettività 5G, digital twin, Internet of Things.

Basti pensare al loro ruolo per migliorare la logistica di magazzino, ottimizzare il lavoro, migliorare il traffico delle merci.

L’ecorobotica dei cittadini

L’intelligenza artificiale avrà un impatto positivo sulla decarbonizzazione della navigazione? Lo spiega Marco Faimali, direttore dell’Istituto per lo studio degli impatti Antropici e Sostenibilità in ambiente marino del Consiglio Nazionale delle Ricerche: «Il PNRR ha dato grandi opportunità. Coordino il grande progetto RAISE (Robotics and AI for Socio-Economic Empowerment) che ha al centro quattro scenari di innovazione, uno dei quali riguarda i porti.

Stiamo sviluppando delle nuove tecnologie che vogliono sfruttare le potenzialità della robotica e dell’IA per migliorare i sistemi di monitoraggio ambientale.

L’IA sarà fondamentale per l’adeguamento dei porti del futuro. Oltre a logistica, organizzazione e sicurezza ha un occhio molto attento all’impatto dell’attività portuale e della sostenibilità.

Robotica e IA lavorano insieme e permetteranno di potenziare il monitoraggio ambientale: ad esempio, droni per il monitoraggio costante in caso di eventi catastrofici, previsioni o monitoraggio dell’inquinamento dell’aria, droni subacquei che forniscono dati non ancora disponibili.

Questa è l’ecorobotica, che farà fare un grande salto in avanti. Ha messo in connessione ecologi e robotici, che ora collaborano sui temi che riguardano terra, acqua e aria.

Ma sta prendendo piede l’ecorobotica dei cittadini, cioè device tecnologici certificati che le persone indossano quando fanno attività ludica: facendo jogging, vela, immersioni i cittadini raccolgono dati certi in tempo reale».

L’integrazione dei trasporti

L’integrazione dei trasporti è un fattore chiave, come spiega Rita Taraschi, Capo dell’Autorità di Gestione Infrastrutture e Reti del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti: «L’Europa ha reti che migliorano i collegamenti infrastrutturali tra le regioni europee, divise in principali e secondarie.

Le reti principali devono avere almeno 3 tipologie di trasporto tra cui quello marittimo – senza il sistema integrato dei trasporti non potremmo farne parte – e devono attraversare almeno 3 Stati membri.

Con l’ultimo regolamento Commissione Europea, il ministro ha ottenuto la creazione del corridoio baltico che inserisce la rete dei trasporti italiana da nord a sud all’interno del corridoio principale. Questo garantisce alle imprese private italiane la possibilità di partecipare ai bandi europei e accedere a finanziamenti di cui il MIT è tramite.

Il finanziamento dei porti e degli interporti

Nel Programma Operativo Nazionale abbiamo dedicato un asse al finanziamento dei porti e degli interporti. Tra questi, c’è anche garantire la logistica dei trasporti che dai porti arrivano alle altre reti infrastrutturali senza passare nei centri urbani.

Ad esempio, prima il porto di Salerno si raggiungeva passando dentro la città, ora stiamo realizzando un collegamento che dal porto di Salerno arriva direttamente all’autostrada».

I vantaggi riguardano anche la riduzione dei consumi e degli sprechi di energia, che si traducono in minori emissioni e quindi in benefici ambientali.

La decarbonizzazione dei porti rimarrà un libro dei sogni? Sicuramente ci sono ancora nodi da sciogliere, ma un c’è un dato su cui riflettere: nei primi sei mesi del 2024 la produzione da fonti rinnovabili ha superato per la prima volta quella da fonti fossili, e tutto lascia ritenere che la quota salirà ancora.

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