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L’ETS dell’aviazione divide Cina e Europa

(Rinnovabili.it)  – Continua la missione di contrasto della Cina, contraria all’ETS europeo che costringe le compagnie aeree a corrispondere una tassa in caso di atterraggio o decollo in aeroporti all’interno dell’Unione europea. Pare infatti che la Repubblica popolare voglia passare al contrattacco modificando la propria legislazione sul cambiamento climatico, variazione che suona come una ritorsione per sopperire a quanto prelevato dalle tasche delle compagnie aeree cinesi, che come le altre da gennaio sono obbligate a corrispondere la tassa per la compensazione di quanto emesso. “La Cina si oppone agli altri paesi e ai settori che utilizzano i cambiamenti climatici come una scusa per portare il protezionismo nel commercio, o tasse unilaterali sul carbonio o imposte simili per le compagnie aeree cinesi, per le navi, ecc”.

La Cina, a fianco della Russia, degli Stati Uniti e dell’India ha guidato l’opposizione internazionale nei confronti dei piani dell’UE, sostenendo che l’introduzione di una tassa regionale potrebbe portare danni commerciali e minare l’industria aeronautica.

Tuttavia, l’UE ha respinto tutte le sollecitazioni volte a ridimensionare il programma, ribadendo che la mancanza di un accordo internazionale ha obbligato l’Unione a imporre una tassa per l’aviazione. Solo in caso di un accordo internazionale l’Europa provvederà alla revisione del sistema di scambio delle emissioni.

L’UE sta attualmente indagando se lo schema cinese di sfruttare i proventi di tasse sui passeggeri per il taglio delle emissioni di carbonio costituisce una “misura equivalente” che giustificherebbe l’uscita della Cina dal regolamento. Nel frattempo Pechino per protesta ha riferito di aver ritardato un ordine di 3 miliardi  di dollari per l’acquisto di 15 aeromobili Airbus A330 in segno di protesta.

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