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La mobilità sostenibile come realizzazione dei diritti degli individui

mobilità sostenibile
via depositphotos.com

di Laura Luigia Martini e Caterina Cobino

L’insieme e la qualità del Sistema dei Trasporti sono un importante indicatore dello sviluppo di un Paese. L’impatto della mobilità sull’economia e sulla società la rendono uno dei fattori discriminanti rispetto alle prospettive di sviluppo di ogni nazione, tanto quanto del sistema economico globale. Per questo motivo organismi Internazionali come Comunità Europea e ONU pongono la mobilità alla base della realizzazione dei diritti e delle aspirazioni degli individui, un vero motore per lo sviluppo del singolo e delle comunità. A questa visione utilitaristica negli anni recenti si sono affiancati temi quali la sicurezza, la salvaguardia della salute dell’uomo e dell’ambiente nonché l’accessibilità, sia in termini economici che di capillarità. Vale infine la pena menzionare che la libertà di muoversi e di muovere rimane un generatore di pari opportunità e crescita sociale, per cui va considerata la relativa sostenibilità e l’impatto prevedibile per le future generazioni.  

Secondo le proiezioni del Global Mobility Report della Banca Mondiale, nel 2030 si muoveranno 80 trilioni di passeggeri-Km e 200 trilioni di tonnellate merci-km (fonte: Sustainable Mobility for All. 2017. Global Mobility Report 2017: Tracking Sector Performance. Washington DC, License: Creative Commons Attribution CC BY 3.0).

Al trasporto automobilistico privato si affiancano il trasporto pubblico, i trasporti via ferrovia, mare e cielo e naturalmente quello delle merci, con numeri crescenti negli anni di pari passo con l’incremento demografico mondiale e lo sviluppo economico generalizzato. Il trasporto privato resta il metodo più usato dalle persone per spostarsi. Sono circa 1,4 Miliardi le automobili che circolano nel mondo, di cui 300 Milioni in Europa e più di 500 Milioni in Asia, numeri che la pandemia ha ulteriormente rafforzato. E in questo quadro l’Italia, con più di 650 automobili ogni 1.000 abitanti, è seconda in Europa solo al Lussemburgo per numero di auto pro-capite. L’impatto sulla vita quotidiana del settore della mobilità si traduce in un impatto ambientale estremamente significativo: il trasporto genera infatti un quarto delle emissioni dannose per l’ambiente, mettendo il settore in primo piano in tutte le iniziative nel campo della transizione ecologica.

Tali iniziative si stanno indirizzando secondo alcune direttrici principali:

Riguardo al tema dell’utilizzo nella mobilità dell’energia elettrica, è necessario notare come, fino ad oggi, pur potendo questa attenuare il problema delle emissioni a livello locale, nei centri abitati, non è ancora in grado di risolvere alla radice il problema ambientale, spostando di fatto la generazione di inquinanti alle centrali elettriche, oggi in larga parte alimentate da fonti fossili. La recente posizione dei governi europei rispetto alla salvaguardia dell’ambiente con la decisione di finanziare la transizione energetica permetterà invece in un prossimo futuro di implementare una mobilità alternativa, con combustibili “puliti” che la renderanno strutturalmente neutra rispetto all’ambiente. Così sono nati e si stanno sviluppando studi e sperimentazioni per la realizzazione di mezzi di trasporto che utilizzano idrogeno, ammoniaca (come vettore dell’idrogeno) o biofuel (prodotto per esempio dalla gestione dei rifiuti). E tuttavia, proprio l’impiego dei combustibili puliti apre un nuovo tema relativo alla sicurezza nella mobilità, aggiungendo al rischio stradale quello legato all’impiego di gas esplosivi. Temi ampiamente in discussione e allo studio degli esperti che lavorano a nuovi protocolli, normative e certificazioni, utilizzando conoscenze acquisite in settori tecnologicamente avanzati (si pensi ad esempio all’impiego dell’idrogeno nella propulsione dei razzi spaziali).

In questo quadro l’Europa si pone come regione trainante, promuovendo lo sviluppo integrato della filiera di impiego di questi combustibili alternativi, dalla produzione mediante processi a basso impatto (come l’idrogeno verde), alla gestione attraverso un sistema di distribuzione sicuro, allo sviluppo di soluzioni adatte all’impiego su diversi tipi di mezzi di trasporto, siano essi automobili, autocarri, treni, navi e aerei. 

Parlando di sostenibilità della mobilità, non possiamo non menzionare le infrastrutture a cui questa è indissolubilmente legata. Da sempre indicatrici della ricchezza di un Paese, proprio le infrastrutture sono state recentemente protagoniste di uno sviluppo accelerato –  basti pensare alla Cina che in pochi decenni è riuscita, con i suoi attuali 112.000 km di strade a quattro corsie, a diventare il paese con la più ampia rete stradale al mondo. Le infrastrutture per una mobilità sostenibile, oltre a richiedere i tradizionali investimenti in termini di costruzione e manutenzione, di ammodernamento, così come avviene per i mezzi di trasporto, impongono lo sviluppo di nuove soluzioni; ecco dunque il moltiplicarsi di piste ciclabili, di reti di ricarica elettrica e flotte di car-sharing che velocemente stanno occupando gli spazi cittadini.  

Dovendo tuttavia la mobilità moderna avere caratteristiche di inclusività, ossia essere accessibile a tutti, senza discriminazioni, si pongono tre questioni fondamentali: il costo, la capillarità e la fruibilità.
Per il trasporto privato queste si declinano in mezzi e carburanti a prezzi adeguati e in un’infrastruttura di rifornimento sul territorio semplice e sicura da usare. Il trasporto pubblico ha invece intrinsecamente una connotazione fortemente inclusiva, oltre ad aderire alle tematiche ambientali cui si accennava in precedenza. È però evidente che il trasporto pubblico sarà tanto più usato quanto più risulterà cucito sulle esigenze dei singoli – smart, soft e intelligent sono i leitmotiv del suo sviluppo nel prossimo futuro. Tutto questo vale anche per la movimentazione delle merci, che servendo un più largo bacino di utenza a costi sostenibili e con mezzi adeguati permetterebbe lo sviluppo economico di aree meno sviluppate e di imprese decentrate più competitive.

La futura mobilità sostenibile comporterà una richiesta di risorse assai diversificata rispetto a quella attuale, che si tratti di materie prime o di componentistica, di energia per la produzione, o di competenze specifiche. Questo aspetto dell’evoluzione in corso presenta una doppia conseguenza: da un lato il moltiplicarsi delle opportunità in un sistema che genera una crescente richiesta, dall’altro il possibile aumento dei prezzi di tali risorse, particolarmente insidioso in periodi di instabilità geopolitica o di crisi economica. La scommessa è pertanto trovare il punto di equilibrio tra i due fattori e soprattutto innescare un ritmo virtuoso di sviluppo che adoperi le risorse man mano che si rendono disponibili. 

L’attuale congiuntura impone inoltre di ripensare la catena produttiva. Ci si aspettava infatti che i massicci fenomeni di globalizzazione potessero ampliare all’infinito l’offerta e mettere le produzioni al sicuro da eventuali dipendenze da mercati chiusi dai protezionismi. In realtà abbiamo potuto sperimentare che persino in settori a basso valore aggiunto, si generano accentramenti della produzione con conseguente mancanza di componenti della catena produttiva che rischiano di bloccarla. Anche per la mobilità sostenibile diventa dunque cruciale la creazione di un reale mercato aperto che garantisca l’equilibrio tra prezzi e offerta.

La ricerca sui nuovi combustibili risulta inoltre strategica rispetto all’indipendenza dei singoli Stati e alla loro collocazione internazionale, fornendo l’opportunità di accedere a fonti energetiche non ancora sfruttate e maggiormente disponibili, a costi forse maggiori rispetto alle fonti fossili, ma maggiormente controllabili anche nei momenti di crisi. 

In conclusione dovremo pensare a uno sviluppo della mobilità che sia sostenibile in un senso molto ampio del termine: sostenibilità economica, rispetto delle risorse, sicurezza, autonomia e accessibilità inclusiva

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