La convenzione Onu ha il compito di definire la strategia sulle emissioni navali. Ma si muove troppo lentamente e le sue attività mancano di trasparenza
Uno sguardo nelle stanze dell’IMO in attesa della strategia taglia emissioni per le navi
(Rinnovabili.it) – Riunioni a porte chiuse, comunicazione opaca, regolamenti finanziari secretati, processi decisionali poco trasparenti: a guardarla da vicino, l‘Organizzazione marittima internazionale (IMO – International Maritime Organization), la convenzione ONU dedicata alla navigazione internazionale, perde decisamente nitidezza. A denunciare preoccupanti pecche nella governance dell’organismo sono le anticipazioni di nuovo rapporto redatto da Transparency International.
L’ONG punta i riflettori sulle criticità interne alla Convenzione a pochi giorni dal nuovo vertice IMO. Dal 9 al 13 aprile infatti, le parti si riuniranno a Londra per 72a sessione del Comitato per la protezione dell’ambiente marino con l’obiettivo di stilare la prima strategia internazionale di riduzione delle emissioni marittime; un compito assegnato all’organizzazione addirittura nel 1997, nell’ambito del Protocollo di Kyoto. Dopo 20 anni di lavori però i risultati sono ancora deludenti e riuscire a capire cosa dei meccanismi interni non abbia funzionato, è molto complesso.
>>Leggi anche Trasporto marittimo, l’Italia rallenterà i negoziati sulle emissioni<<
Il motivo principale è proprio la poca trasparenza in cui si muovono le attività dell’Organizzazione marittima. “Si è dovuto aspettare il 2016 affinché l’IMO concordasse una tabella di marcia verso una strategia iniziale, prevista per il 2018, e un aggiornamento della stessa, per il 2023”, spiega Brice Böhmer, coordinatore del Climate Governance Integrity Program di Transparency International. “Una struttura di governance ben funzionante dovrebbe consentire azioni decisive, ma i difetti identificati dalla nostra ricerca suggeriscono che questo non sta accadendo all’IMO perché le decisioni politiche potrebbero essere eccessivamente controllate da società private”.
Ad oggi l’Organizzazione non pubblica informazioni sostanziali sul consiglio o sulle attività del segretariato, compresa l’elezione di rappresentanti nazionali del consiglio. Le riunioni sono inaccessibili e relazioni delle stesse non riflettono le posizioni assunte dai singoli rappresentanti. Non solo: ai giornalisti è espressamente vietato citare i nomi dei relatori delle sessioni plenarie dell’assemblee aperte al pubblico senza prima aver ottenuto il consenso.
Inoltre l’IMO non pubblica i suoi regolamenti finanziari e otto dei primi dieci finanziatori occupano attualmente posizioni elettive nel Consiglio IMO in assenza meccanismi che garantiscano pubblicamente chi fornisce le risorse non abbia un’influenza sull’organismo stesso.
>>Leggi anche Emissioni delle navi: a Londra si cerca un accordo globale<<
La maggior parte della flotta commerciale mondiale (52%) è registrata in soli cinque stati – Panama, Liberia, Marshall, Malta e Bahamas – molti dei quali sono noti come paradisi fiscali per il settore marittimo, come sottolinea Transparency International. “Insieme, questi cinque stati contribuiscono il 43,5% del finanziamento totale dai 170 stati membri dell’Organizzazione. Questi paesi hanno potenzialmente un peso esagerato nei processi di definizione delle politiche IMO, in particolare quando non esiste alcun meccanismo per proteggere da un’influenza indebita”. Il report completo sarà pubblicato in parallelo con l’apertura del vertice londinese, ma l’ONG ci tiene a fornire alcuni consigli per migliorare da subito la trasparenza e l’efficienza della governance della convezione. Primo fra tutti: avviare un processo di dialogo con le parti interessate, compresa la società civile e il settore dell’industria.