Secondo ISPRA, il trasporto su strada è responsabile in Italia di circa il 23% delle emissioni climalteranti e del 43% di quelle di ossidi di azoto.
FCA ha avviato una procedura per un prestito di oltre 6 miliardi. Nessun accenno però alla questione ambientale
(Rinnovabili.it) – La crisi derivante dall’emergenza coronavirus rischia di portare ad uno scontro tra economia e clima. Per questa ragione, fa discutere il prestito da 6,3 miliardi di euro chiesto da FCA a Intesa Sanpaolo con garanzie statali, secondo quanto stabilito dal Decreto Liquidità.
Infatti, secondo Greenpeace, la mancanza di condizioni verdi alla possibilità di concedere e garantire prestiti con risorse pubbliche è un segnale molto preoccupante. “I soldi pubblici non dovrebbero essere spesi per sostenere settori inquinanti e la possibilità di beneficiare di prestiti e garanzie dallo Stato dovrebbe sottostare non solo a vincoli che riguardino la tutela dei lavoratori, ma anche a impegni concreti per ridurre e azzerare le emissioni di gas serra”.
Leggi anche Crisi coronavirus, se l’aereo cede all’alta velocità
Secondo ISPRA, il trasporto su strada è responsabile in Italia di circa il 23% delle emissioni climalteranti e del 43% di quelle di ossidi di azoto. Non solo. Secondo un rapporto della stessa Greenpeace, il Gruppo Fiat Chrysler Automobiles (una delle 12 principali compagnie automobilistiche al mondo) è anche quello con il più alto livello medio di emissioni di gas serra per singolo veicolo, tenuto conto dell’intero ciclo di vita dell’auto.
Secondo la ong, oggi più che mai è il momento di ripensare il settore dei trasporti e della mobilità. Complici le norme di sicurezza per il contenimento del contagio, infatti, i mezzi pubblici rischiano di cedere spazio al trasporto privato, invertendo così una tendenza che, seppur flebile, prometteva un miglioramento nella qualità dell’aria in molte città.
Leggi anche Fraccaro: il mio Super Ecobonus senza filtri
Infatti, seppur il prestito a FCA dovesse servire anche a garantire l’occupazione degli oltre 55.000 dipendenti impiegati in 16 stabilimenti produttivi e nei 26 poli dedicati alla Ricerca e Sviluppo, a detta di Greenpeace la questione dell’occupazione non può essere strumentalizzata per sostenere il settore dei combustibili fossili.
“Servono piani per formare i lavoratori e riconvertire i lavori dei settori inquinanti verso lavori green“, scrive Greenpeace, “il bando alla vendita di auto a diesel, benzina e gas al 2028 e una generale riconversione del settore verso la mobilità elettrica e condivisa, con un maggiore impegno da parte del governo per promuovere forme di mobilità alternativa e a zero/basse emissioni”.