Intervista a Davide Viale, Direttore Generale Rolling Stock di Alstom Italia
Sarà il 2025 l’anno in cui l’Italia vedrà partire il suo primo treno a idrogeno. Si chiama Coradia Stream H, è progettato da Alstom e si candida a tracciare nuove rotte per il trasporto ferroviario passeggeri. Presentato nel 2023 all’interno di EXPO Ferroviaria, il treno entrerà in servizio commerciale in Valcamonica, lungo la linea non elettrificata Brescia-Iseo-Edolo di Ferrovienord. Il servizio è gestito da Trenord nell’ambito del progetto H2iseO, che mira a realizzare la prima Hydrogen Valley italiana nel territorio bresciano. Anche le Ferrovie del Sud Est hanno ordinato quattro treni a idrogeno per la Puglia, mentre in Germania i lavori sono partiti ancora prima. Se tre indizi fanno una prova, la domanda è: la transizione della mobilità ferroviaria è finalmente partita? Delle prospettive per il settore e degli investimenti di Alstom per guidare questo passaggio di fase abbiamo parlato con Davide Viale, Direttore Generale Rolling Stock per Alstom Italia. Dopo l’acquisizione della Bombardier avvenuta circa tre anni fa, Alstom è infatti tra i principali gruppi al mondo specializzati in soluzioni per la mobilità.
“Oggi copriamo tutte le fasi della filiera: progettazione, produzione, manutenzione e commercializzazione di materiali e componenti per il trasporto ferroviario, ma anche fornitura di apparecchiature e sistemi relativi al segnalamento, alle telecomunicazioni e alle infrastrutture”, spiega Viale. “In Italia siamo presenti in nove siti con circa 4 mila dipendenti. Il materiale rotabile viene prodotto su due di essi, a Savigliano e Vado Ligure”. Le ultime vendite per quanto riguarda l’alta velocità sono quelle per Italo, mentre al momento si lavora sul rinnovamento del trasporto regionale realizzando convogli da 160-200 km orari.
Proprio nell’ambito del trasporto regionale Alstom sta realizzando il primo treno a idrogeno d’Italia. Ci racconta perché avete deciso di investire in questa tecnologia e quali sviluppi prevedete per il settore?
Non solo in Italia, ma anche in Europa, c’è una percentuale di linee non elettrificate ancora molto alta. Da noi sono circa il 33-35%, nel continente saliamo al 40% di media. Tante linee storiche hanno questo problema, perché a volte elettrificarle costerebbe troppo. Un’altra ragione è la praticabilità dell’operazione: in Valcamonica, la linea per la quale progettiamo i treni a idrogeno, è una linea montana con buona parte del percorso in gallerie che non hanno le dimensioni sufficienti per installare una catenaria. Da qui la necessità di fare la nostra parte, mettendo a disposizione del mercato un treno green a idrogeno che possa sostituire i treni diesel.
L’Italia non è il primo paese europeo a investire in questo settore, vero?
Sì, in verità abbiamo iniziato in Germania con la produzione di quello che abbiamo chiamato iLint. Loro sono partiti un po’ prima con stanziamenti di fondi per supportare questa tecnologia come alternativa green alle soluzioni diesel. L’idrogeno è comunque una tecnologia ancora molto innovativa, dove la parte di Ricerca e Sviluppo è ancora intensa per stabilizzare le applicazioni.
A fine 2020, poi, è arrivato il progetto di Ferrovienord Milano per portare i treni a idrogeno anche in Italia
Sì, abbiamo preso in carico il compito di sviluppare un treno con l’intenzione di andare sostituire i 14 treni diesel che viaggiano in Valcamonica con altrettanti mezzi di nuova generazione alimentati a idrogeno. Nel 2021 abbiamo iniziato lo sviluppo del prodotto, un po’ diverso da quello dei colleghi tedeschi. Lo scopo è realizzare un treno che possa competere in termini di autonomia e il nostro Coradia Stream può viaggiare per almeno 600 km, con valori massimi che dipendono ovviamente dalle caratteristiche della linea, tra cui la sua pendenza. L’idrogeno non è soltanto una tecnologia, ma un vero e proprio sistema. Ecco perché mentre noi sviluppiamo il materiale rotabile, gruppo FNM sta investendo nell’infrastruttura che può sostenere l’introduzione di questa tecnologia. Parlo in particolare del deposito e delle stazioni di rifornimento.
Lavorate su altre tecnologie per il trasporto ferroviario sostenibile?
Sì, l’idrogeno non è l’unica soluzione sostenibile per le linee non elettrificate. Abbiamo anche realizzato treni a batteria, in grado di garantire autonomie fino a 80-120 km. Se però l’esigenza è percorrere avanti e indietro tratte più lunghe, è necessario ricorrere a tecnologie diverse. L’idrogeno è quella che abbiamo scelto noi, installandola sul modello Coradia Stream.
Ci racconti come avete fatto. Quali attenzioni particolari occorre riservare alla progettazione di un treno a idrogeno, rispetto a quelli tradizionali? Pensiamo allo stoccaggio del gas, ad esempio, o alla disponibilità di punti di ricarica.
Nella sua versione standard, il Coradia è un treno a quattro veicoli che porta circa 300 passeggeri. Ne abbiamo ormai oltre 300 in circolazione su tratte locali e regionali del nostro paese ed è ancora in piena produzione nel nostro stabilimento di Savigliano. Per derivarne una versione a idrogeno, abbiamo aggiunto una power-car, un veicolo intermedio di lunghezza 12 metri nel quale abbiamo concentrato i serbatoi a idrogeno gassoso a 350 bar. Sul tetto ci sono le Fuel Cell e poi abbiamo le batterie, che garantiscono a tutti gli effetti l’alimentazione della trazione. A questa missione hanno contribuito diversi stabilimenti di Alstom Italia. Oltre alla sede storica di Savigliano, ci hanno lavorato Bologna, Vado Ligure, Sesto San Giovanni. In più abbiamo avuto il supporto scientifico di Politecnico di Torino, Politecnico di Milano e Fondazione Bruno Keller.
Come va la produzione e quando è previsto il varo su rotaia?
Oggi i treni prodotti sono tre. Uno è stato presentato a ottobre scorso all’Expo Ferroviaria. In questo momento stanno affrontando la fase di validazione e certificazione, essendo una tecnologia nuova. Uno di questi treni al momento si trova nel nostro stabilimento tedesco di Salzgitter, dove abbiamo una stazione di rifornimento di idrogeno. Finita questa fase di validazione in Germania, su circuiti interni e su linee non ufficiali, faremo i primi passi sulla linea del nostro cliente.
Ci sono altri paesi dove Alstom sta investendo nei treni a idrogeno?
Dunque, è partito un progetto recente in Francia, che si trova ancora in fase preliminare rispetto a quello italiano. Anche lì si tratterà di realizzare un treno a idrogeno regionale per il mercato locale. Ma il mercato c’è, data la quota di linee non elettrificate nel continente europeo. Quando avremo una tecnologia più stabilizzata io sono convinto che vedremo una crescita per il settore. Noi siamo partiti dalla piattaforma del Coradia Stream perché è pensata per un’applicazione non solo italiana, ma in diversi paesi europei.
Cosa è mancato negli ultimi anni all’idrogeno per rispondere alle grandi aspettative che si erano create attorno a questo vettore come combustibile del futuro? È mancato un investimento “politico” sulle infrastrutture e sulla produzione di idrogeno rinnovabile?
Nel campo del trasporto, l’idrogeno sconta un ritardo rispetto alle batterie, che hanno beneficiato di maggiori capitali e investimenti iniziali. Ora però vediamo che altri grandi player del settore mobilità stanno sviluppando anche l’idrogeno. Non credo che alla fine prevarrà una tecnologia o l’altra, penso che le strategie degli attori economici cercheranno di integrarle in modo virtuoso. In ogni caso, dietro ci dev’essere un sistema paese in grado di stanziare le risorse necessarie per far decollare questi settori. L’Unione Europea sta sostenendo l’idrogeno, perché è considerato un vettore che può contribuire a ridurre le emissioni del trasporto. Noi stessi stiamo attingendo ai fondi IPCEI, dedicati allo sviluppo e messa in servizio di queste soluzioni. Il PNRR sta dando una mano a sua volta, non solo sull’idrogeno ma su tutto il trasporto ferroviario, ad esempio con il rinnovamento del parco mezzi e la diffusione del sistema di segnalamento ERTMS, che permette gestione, controllo e protezione del traffico.