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Biofuel dal polietilene grazie a due catalizzatori combinati

Biofuel dal polietilene grazie a due catalizzatori combinati

 

(Rinnovabili.it) – Più della metà della plastica ammassata nelle discariche di tutto il mondo consiste di polietilene, che ha tempi di degradazione lunghissimi. Un nuovo processo chimico messo a punto da un team di ricercatori dell’Università della California a Irvine potrebbe segnare una svolta importante. Grazie all’azione combinata di due catalizzatori, bottigliette e sacchetti (ma anche giocattoli e parti di veicoli) possono venire trasformati in modo efficiente in biofuel, cere per la lavorazione industriale e altre sostanze chimiche riutilizzabili. Lo studio è stato pubblicato di recente sulla rivista Science Advances.

Nei laboratori dell’ateneo californiano, gli scienziati hanno sfruttato le proprietà già note di due differenti catalizzatori e le hanno combinate insieme. Il risultato appare molto promettente, tanto che al momento la ricerca si sta concentrando sull’affinare i catalizzatori per rendere il procedimento ancora più efficiente.

 

Tutto si basa su alcuni tipi di alcani (come l’etere di petrolio). Quando vengono fatti interagire in modo combinato hanno la capacità di aggredire con estrema efficacia le lunghe e solide catene di etileni, riuscendo così a convertire del tutto, in un tempo ragionevole, senza alcun pretrattamento e con minimo dispendio energetico il polietilene. Inoltre, questi due catalizzatori possono essere calibrati a seconda del risultato che si vuole ottenere, dando prevalenza alle cere o al combustibile liquido. L’alta efficienza dipende anche dal fatto che il processo scinde le lunghe catene molecolari del polietilene ma si arresta nel momento in cui queste hanno raggiunto le dimensioni tipiche del biofuel e di altri idrocarburi.

Al momento, tuttavia, questo processo non ha ancora raggiunto prestazioni tali da permetterne un utilizzo commerciale, in direzione del quale stanno puntando le ulteriori ricerche del team di scienziati. Infatti, i catalizzatori non sarebbero ancora abbastanza competitivi in termini di velocità del processo e, soprattutto, si decompongono dopo aver spezzato poche migliaia di catene di polimeri, mentre i concorrenti già impiegati su scala industriale arrivano ad alcuni milioni.

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