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Diesel addio, una strategia per rinunciare alla mobilità inquinante

diesel addio
(Foto di REUTERS/Michael Dalder)

 

“Diesel addio”, l’evoluzione del mercato auto e gli impegni nazionali

(Rinnovabili.it) – È arrivato il momento di dire addio al diesel? Gli ambientalisti sperano di sì, ma la maggior parte dei governi sembra procrastinare. Il settore è sicuramente in affanno: nel 2017 le vendite europee di auto alimentate a gasolio sono crollate dell’8%, raggiungendo punte anche superiori al 20% nelle economie nazionali. In cerca di riparo, quasi tutti i produttori stanno dirottando gli investimenti classici su modelli più verdi e low emission. Una scelta che ha poco a che fare con l’ambiente e molto con le logiche di mercato.

Dallo scoppio del Dieselgate a oggi, infatti, un numero sempre maggiore di case automobilistiche si è lanciata in annunci di conversioni ecologiche, aprendo le porte alla mobilità elettrica. Il più recente addio al diesel è quello pronunciato da FCA che, secondo quanto rivelato da Financial Times ma non ancora confermato dall’azienda, vorrebbe abbandonare i motori a gasolio dal 2022 (Leggi anche Gli USA fanno causa a FCA per le emissioni diesel).

 

Sulla scelta dell’automotive pesano, in parte, i nuovi standard europei sulle emissioni, studiati proprio in seguito ai dati falsati da Volkswagen e altri produttori, e che aumenteranno il costo dello sviluppo delle vetture con motori a combustione (si parla di un più 20%); costo che inevitabilmente si rifletterà sui prezzi di listino.

E poi c’è l’Asia, o meglio la Cina e in parte il Giappone e l’India, i cui programmi di mobilità elettrica possono fare il buono e il cattivo tempo nel resto del mondo.

Ma una delle ultime bastonate al settore l’ha affibbiata ieri un tribunale tedesco stabilendo che, in Germania, le amministrazioni locali possano mettere al bando le auto diesel nonostante l’opposizione dei Land. Un colpo non da poco per un Paese che è il quarto al mondo per produzione di autoveicoli.

 

Ben inteso, il comparto per ora sta solo scricchiolando: attualmente la tecnologia è ancora la più competitiva sul fronte dei consumi e gli scandali emissioni, che si sono susseguiti, hanno scalfito appena la superficie dell’industria auto. Il futuro, tuttavia, appare poco roseo. Secondo Bloomberg, in Europa le vendite dovrebbe passare dall’attuale 50% sul totale ad appena il 30% entro il 2020. A livello mondiale, la quota di mercato del gasolio dovrebbe ridursi al 4% entro il 2025 dal 13,5% di oggi.

 

In questo panorama “in declino”, la maggior parte dei Governi tentenna. Sono davvero in pochi ad aver messo una data di scadenza alle auto tradizionali. Francia, Gran Bretagna, Norvegia e Olanda si sono dati un tempo massimo; la Cina ci sta riflettendo su.

 

L’Italia tace, se si esclude l’impegno di città come Milano e Roma (leggi anche Raggi: Stop alle auto diesel in centro a Roma dal 2024), nonostante sia il Paese europeo in cui si vendono più auto diesel e si trovi attualmente in procedura di infrazione per l’inquinamento atmosferico. A mancare, spiega Legambiente è una linea d’azione che liberi le città dai veicoli e smog. Per questo motivo Stefano Ciafani, Direttore generale dell’associazione torna oggi a ribadire l’urgenza di definire a livello nazionale un piano strategico per uscire dal diesel in tutte le aree urbane italiane. Legambiente propone di estendere la messa al bando, tra il 2020 e il 2025, dei veicoli più inquinanti dalle metropoli italiane con più di 50mila abitanti e di applicare le misure stagionali previste dal Protocollo della Pianura Padana a tutto lo stivale. L’associazione ambientalista propone, inoltre, di limitare l’accesso nelle aree urbane in maniera stringente e costante ai veicoli più inquinanti, spingendosi, come fatto dal comune di Torino e Milano, al blocco dei mezzi euro 5 diesel e a Roma, dove si è arrivati recentemente a bloccare anche le Euro 6.

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