(rinnovabili.it) – È possibile trasformare le biomasse in combustibile diesel utilizzando vapore e luce solare? La risposta è sì, almeno stando ai risultati di una ricerca internazionale che potrebbe trovare applicazioni nel trasporto aereo. Lo studio è stato pubblicato su Nature Energy ed è firmato anche dall’Istituto di chimica dei composti organometallici del Cnr
Gli scienziati del Consiglio Nazionale delle Ricerche, assieme ai loro colleghi cinesi, francesi e tedeschi, sono riusciti a dimostrare che è possibile usare materiali fotocatalitici, cioè capaci di usare l’energia solare, per trasformare biomasse lignocellulosiche, ovvero derivate da residui agricoli e forestali, in carburanti utilizzabili dagli aereomobili. L’obiettivo della ricerca del Cnr-Iccom è aumentare la sostenibilità energetica del trasporto aereo, ancora dipendente dai combustibili fossili.
“Si tratta di un processo a più stadi: in un primo passaggio si scindono le molecole di partenza nelle loro componenti più piccole. Ciò può avvenire attraverso un processo di ‘stem explotion’, cioè utilizzando del vapore caldissimo che spacca le molecole, producendo un liquido che può subire successivi trattamenti. Nel secondo passaggio, quello chiave, viene aggiunto un fotocatalizzatore, cioè un materiale capace di reagire con la luce solare. A questo punto la luce instaura una reazione chimica che dà come prodotto idrogeno e altre molecole. Queste ultime sono dei precursori del diesel, cioè composti che gli assomigliano molto. Il terzo passaggio consiste nel trasformare questi composti in diesel vero e proprio. Noi ci siamo occupati prevalentemente di studiare il passaggio intermedio e in particolare, di comprendere la struttura dei fotocatalizzatori impiegati”, spiega Paolo Fornasiero del Cnr-Iccom.
In questo modo, il combustibile così ottenuto presenta un minor impatto ambientale. “Questo carburante inquina meno perché non utilizza carbonio fossile ma quello riciclabile ottenuto dalle biomasse, prodotti di scarto che costituiscono la più grande fonte di carbonio in natura (circa 120 miliardi di tonnellate di materia secca per anno)”, spiega Feng Wang, uno degli autori dello studio, ricercatore all’Accademia Cinese delle Scienze.
La ricerca è frutto di una collaborazione tra Cina, Italia, Francia e Germania e ha coinvolto, oltre al Cnr-Iccom anche il Dalian Institute of Chemical Physics – Accademia Cinese delle Scienze, l’Università di Trieste, il Consorzio interuniversitario nazionale per la scienza e la tecnologia dei materiali (Instm), il Sincrotrone francese Soleil e la tedesca Forschungszentrum Juelich GmbH.
I finanziamenti alla ricerca arrivano dalla National Natural Science Foundation e dal Strategic Priority Research Program dall’Accademia Cinese delle Scienze, dall’Università di Trieste, dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e dal consorzio interuniversitario nazionale per la scienza e la tecnologia dei materiali. E non finisce qui. Sono infatti in via di definizione da parte del Ministero affari esteri e cooperazione internazionale ulteriori finanziamenti nell’ambito degli Accordi strategici Italia-Cina.