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Crisi coronavirus, se l’aereo cede all’alta velocità

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Credit: pxhere; CC0 1.0 Universal (CC0 1.0)

Incentivata dal “cambio di mentalità”, la crescita nel settore ferroviario potrebbe portare a migliori infrastrutture e tariffe più contenute. Ma l’alta velocità può davvero battere il trasporto aereo?

(Rinnovabili.it) – Unitamente al progresso registrato nel settore dell’alta velocità, la crisi sanitaria Covid-19 potrebbe nei prossimi 10 anni frenare la crescita dell’aviazione a favore del trasporto su rotaia. 
Condotta dagli analisti della banca svizzera UBS, la ricerca stima una crescita globale dei viaggi in aereo per il decennio 2018 – 2028 ridotta fino al 10% rispetto alle aspettative pre- epidemia.

“L’emergenza sanitaria COVID-19 – si legge sul documento – sta mostrando ai paesi industrializzati che chi risiede in un ambiente più pulito può affrontare molto meglio il coronavirus”. Secondo gli analisti, un simile “cambiamento di mentalità” potrebbe risolversi in un rafforzamento dei piani volti al miglioramento della qualità dell’aria e, quindi, favorire ed incentivare soluzioni di trasporto meno impattanti. In un simile contesto, i treni ad alta velocità potrebbero accelerare ed il comparto aeronautico subire invece un significativo rallentamento. 

Seguendo l’ipotesi, il cambiamento dovrebbe essere avvertito in modo più netto in Europa, dove la crescita del settore aereo potrebbe scendere a circa lo 0,1%. Un risultato cioè molto diverso rispetto al tasso di crescita del 4,1% previsto nel 2019. La crescita potrebbe comunque rallentare, suggerisce il rapporto, anche negli Stati Uniti e in Cina, con proiezioni di crescita rispettivamente  ridotte dal 3,2% all’1,8% e dall’8,1% al 6,4%.

Una simile contrazione della domanda porterebbe secondo gli analisti al ritiro nei prossimi 10 anni di circa 2.000 aerei di vecchia generazione, con un risparmio annuo di CO2 stimato tra i 2,7 e i 3,4 milioni di tonnellate. Il rapporto UBS arriva non a caso mentre le compagnia aeree di tutto il mondo stanno avanzando richieste di esenzioni a lungo termine dalle tasse ambientali per fronteggiare i mancati introiti di queste settimane. 

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In ogni caso, pur ammettendo un possibile “cambio di mentalità” dei cittadini, quanto detto fin qui non porterebbe tuttavia ad una riduzione degli spostamenti delle persone, bensì ad un significativo impulso per il mercato ferroviario globale. L’alta velocità potrebbe infatti e conseguentemente crescere assai più rapidamente, fino a raggiungere, secondo l’ente industriale europeo UNIFE, il 10% annuo nel medio termine, cioè più del triplo di quanto precedentemente previsto. 

“Stimiamo l’opportunità per il mercato ferroviario europeo ad alta velocità (HSR) di crescere fino a 11,96 miliardi di dollari nel 2022 – spiegano gli analisti UBS – cioè  ben al di sopra delle previsioni di 6,41 miliardi rilasciate dell’ente ferroviario europeo UNIFE”. 

In riferimento alla sola Europa, unitamente ai piani economici già varati dai singoli governi (come per esempio le liberalizzazioni annunciate dalle reti spagnole e francesi o il programma di potenziamento dell’infrastruttura ferroviaria svelato dalla Germania lo scorso anno), tali incentivi di crescita contribuiranno inoltre a determinare tariffe più economiche e frequenze ferroviarie più elevate. Ciò potrebbe ulteriormente favorire lo spostamento della crescita dal comparto aereo a quello ferroviario

Per quanto riguarda invece la crescita delle infrastrutture, UBS prevede che Spagna, Francia, Germania e Italia aggiungano circa 800 unità ferroviarie ad alta velocità nei prossimi 10 anni in grado di generare opportunità di entrate tra stimate tra i 43,48 e 65,22 miliardi di dollari. Complessivamente, le opportunità di investimento in Europa salirebbero pertanto a circa 108,70 miliardi di dollari. 

È chiaro che, in un simile contesto, ad essere colpite saranno in primis le compagnie low cost attive sulle le brevi tratte e che, una volta “archiviata” l’emergenza, l’offerta di viaggi e rotte non potrà che aumentare. 
Ciò che invece rimane incerto è se, tornati alla normalità, le abitudini e gli atteggiamenti dei cittadini e dei viaggiatori torneranno o no quelle di prima. Il rischio è che la questione climatica, passata in secondo piano a causa dell’emergenza sanitaria, lì rimanga per far spazio alla necessità di “tornare a crescere”. 

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