Integrare nei mangimi animali i residui della spremitura della colza potrebbe ridurre le emissioni di CO2 e di metano rilasciate dal bestiame
Il progetto spera di trovare nuove metodologie di risparmio energetico utili per la riduzione delle emissioni di gas serra, utilizzando il 100% del seme e abbassando il ‘conflitto’ tra la produzione di biocarburanti e cibo umano al minimo.
A livello globale, le emissioni agricole sono aumentate di quasi il 17% dal 1990 al 2005 e il metano rappresenta il secondo maggiore contributo all’effetto serra proveniente soprattutto dalle emissioni prodotte dal bestiame che equivale al 37 per cento di tutto il metano generato come conseguenza di attività antropiche.
Una volta emesso, il metano riesce a rimanere nell’atmosfera per circa 10-15 anni ed è circa 21 volte più capace di trattenere il calore rispetto all’anidride carbonica. Al momento il settore zootecnico produce il 18% delle emissioni di gas ad effetto serra, percentuale destinata ad aumentare e raddoppiare entro il 2050.
Quello che in gergo viene chiamato oil cake, ovvero il residuo che rimane dopo la spremitura della colza, vuole quindi essere introdotto nella produzione di mangimi per ridurre del 6-13% il quantitativo di metano rilasciato dal bestiame in fase digestiva e del 6,8% 13,6% le emissioni di anidride carbonica prodotte dal settore e ridurre gli scarti derivanti dalla produzione agricola.
Una volta raccolta, la colza può essere usata come biocarburante e aggiunto al gasolio in proporzioni variabili dopo la semplice pressatura a freddo e i residui miscelati ai mangimi animali con una sostanziale riduzione dei costi per gli allevatori.
“Gli effetti ambientali nocivi della produzione animale stanno diventando sempre più gravi a tutti i livelli – locale, regionale, nazionale e globale – e hanno urgente bisogno di essere affrontati. Per raggiungere gli obiettivi che l’UE ha proposto, nel progetto attuale, invita ad utilizzare oli vegetali miscelati con gasolio come combustibile e dei co-prodotti ottenuti nella sua produzione nella nutrizione dei ruminanti. Sistemi che non producono anidride carbonica rappresenteranno una questione chiave per il futuro dell’agricoltura dal momento che si apriranno ai mercati energetici per gli agricoltori contribuendo alla sostenibilità” ha dichiarato Irati Kortabitarte, uno dei responsabili del progetto.