Secondo il ministro dell’Ambiente la prima generazione dei biofuel potrebbe trovare nelle aree marginali italiane il terreno dove “mettere radici”
(Rinnovabili.it) – Mentre si fa sempre più concreta la possibilità di ottenere in laboratorio le prime cellule artificiali progettate per funzionare come “fabbriche” di biocarburanti (lo dimostra il lavoro e l’impegno del biologo statunitense Craig Venter), la questione primaria del “cambio di uso del suolo” rimane una delle prime voci da spuntare se si è alla ricerca di biofuel sostenibili.
Ridestinare campi precedemente adibiti a colture alimentari alla produzione di bioenergie è oggi uno dei più grandi problemi che il settore dei combustibili verdi si porta con ancora con sé. In attesa che la scienza compia il miracolo e che la seconda e terza generazione dei biocarburanti divenga economica come la prima, una soluzione è ampiamente offerta dai terreni degradati. A ricordarlo è oggi il ministro dell’Ambiente in persona, secondo cui per la bio-produzione andrebbero sfruttate “anche le coltivazioni in zone marginali, che avrebbero il doppio effetto di rappresentare una materia prima per i biocarburanti e garantire la manutenzione di suoli che altrimenti sarebbero abbandonati”. L’impegno italiano non potrà tralasciare ovviamente anche i biofuel di seconda generazione – quelli, per intenderci, ottenuti dalla materia prima cellulosica. “Sono un pezzo delle fonti rinnovabili – ha spiegato Clini – e la direttiva europea prevede che entro il 2020, il 10% dei carburanti sia di quel tipo […] la tecnologia sta sperimentando soluzioni diverse dal passato mettendo a punto sistemi che consentano di ricavare il bioetanolo valorizzando il contenuto di cellulosa che c’è in ogni matrice di biomassa”.
Soltanto lo scorso anno, il Tavolo tecnico istituito dal Ministero dell’Ambiente, dal Ministero delle Politiche Agricole e da quello dello Sviluppo Economico ha definito i contenuti del Sistema Nazionale di certificazione della sostenibilità dei biocarburanti e bioliquidi, presentando sia le modalità di funzionamento sia le procedure per la verifica degli obblighi di informazione sugli impatti sociali ed ambientali. Ogni operatore economico responsabile della produzione delle materie prime coltivate deve, infatti, conservare, e mettere a disposizione dell’organismo di valutazione una specifica documentazione. I documenti in questione contengono informazioni di carattere ambientale che richiedono, per l’appunto, la verifica di una serie di azioni quali ad esempio la prevenzione e controllo dell’erosione e il mantenimento e il miglioramento della struttura, della biodiversità e dell’equilibrio dei nutrienti nel terreno.