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La Cina fa marcia indietro sulle auto elettriche

Pechino starebbe per modificare al ribasso le regole che obbligano i carmaker a produrre una quota annuale di auto elettriche e ibride sul totale dei veicoli immatricolati

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(Rinnovabili.it) – Dopo lo scandalo sugli incentivi e le previsioni più che ottimistiche sulla vendita di EV (800mila nuove unità nel 2017), per Pechino arriva il momento di fare un bagno di realtà. Sotto le pressione da parte delle case automobilistiche, la Cina sarebbe in procinto di modificare le regole che obbligano i carmaker a produrre una quota annuale di auto elettriche e ibride sul totale dei veicoli immatricolati.

Regole che il Dragone aveva messo in campo lo scorso settembre, ma giudicate troppo stringenti dall’industria dell’auto. Che è tornata a farsi sentire in queste settimane, in concomitanza con il 19° Congresso del partito comunista cinese. Gli obiettivi attuali fissano la quota di EV all’8% del parco auto entro il 2018, che dovrebbe poi aumentare al 10% nel 2019 e al 12% nel 2020. Un piano che, nelle intenzioni di Pechino, era uno dei tasselli fondamentali per trasformare il paese nel leader globale in materia di auto elettriche. Il pacchetto normativo comprende anche disposizioni sugli obiettivi di efficienza dei carburanti e sugli incentivi alle auto elettriche.

 

Secondo indiscrezioni confermate all’agenzia Reuters da esponenti di case automobilistiche coinvolte nella questione, il piano sarebbe in piena fase di revisione. Due le opzioni allo studio. La prima consisterebbe nel ridurre ciascuna quota annuale del 2%. In questo modo l’obiettivo al 2018 scenderebbe al 6% di EV sul totale delle auto di nuova immatricolazione, quello al 2019 all’8% e quello al 2020 al 10%. La seconda opzione, invece, prevederebbe di mantenere invariate le percentuali, ma di far slittare ogni obiettivo di almeno un anno, avviando così il piano non prima del 2019. La revisione degli obiettivi sarebbe in discussione tra il ministero dell’Industria, favorevole a un approccio più morbido d’intesa con l’industria dell’auto, e la Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme, il principale organo cinese per la pianificazione economica, che spinge invece per un approccio ben più aggressivo in aderenza al piano originale.