(Rinnovabili.it) – Il Consorzio Italiano Biogas rappresenta una realtà italiana ancora non troppo conosciuta, ma in grande espansione. Un settore basato su una tecnologia geniale quanto semplice, la digestione anaerobica, che consente di trasformare rifiuti animali e scarti vegetali in una fonte energetica straordinariamente efficiente.
Per meglio capire le potenzialità del settore, abbiamo incontrato l’ingegner Cristian Curlisi, direttore del Consorzio Italiano Biogas.
Mauro Spagnolo: Ing. Curlisi, ci faccia conoscere meglio il Consorzio che lei dirige. Qual è l’attività istituzionale del CIB, i suoi punti di forza e, se ce ne sono, le sue criticità?
Cristian Curlisi: Intanto vorrei premettere dicendo che il Consorzio quest’anno festeggia i suoi 10 anni di vita, e per noi questa è una grande soddisfazione. Esattamente 10 anni fa, a Rimini, è stato fondato il Consorzio Italiano Biogas.
Questa iniziativa è partita da un’aggregazione volontaria di pochi agricoltori che 10 anni fa, appunto, hanno capito che stare insieme, e condividere i problemi, poteva portare solo giovamento e maggiore forza. Oggi noi contiamo più di 600 aziende agricole italiane che hanno investito nella digestione anaerobica e questo è il nostro primissimo punto di forza. Il secondo punto di forza è che nel nostro Consorzio abbiamo non solo il mondo dell’agricoltura, ma anche quello dell’industria che da subito è stato consapevole delle opportunità di entrare nel CIB.
MS: Quindi i vostri soci non sono solo agricoltori, ma anche industriali. Come si differenziano, nel Consorzio, tipologie di soci così eterogenee?
CC: Nel CIB abbiamo diverse categorie di soci, nello specifico quattro: Ordinari, Aderenti, Sostenitori e Istituzionali.
I soci Ordinari sono le aziende agricole italiane che hanno creduto nella digestione anaerobica e sono produttori, quindi hanno un impianto a biogas installato nell’azienda agricola.
I soci Aderenti sono il mondo dell’industria, quindi coloro che realizzano gli impianti biogas.
I soci Sostenitori costituiscono un altro gruppo, molto importante per noi, che sono quelle aziende e quegli studi tecnici che lavorano nella progettualità e nei servizi del settore del biogas.
E infine abbiamo i soci Istituzionali che rappresentano il mondo della ricerca e le istituzioni quali università e centri di ricerca.
MS: Da quali prodotti si realizza il biometano?
CC: Grazie per la domanda perché in molti non sanno, nella pratica, che cosa si intende per digestione anaerobica. Si tratta di un percorso grazie al quale si riesce a valorizzare uno scarto che prima era considerato solo un rifiuto e quindi sprecato. Nello specifico parliamo principalmente di sottoprodotti, il principale dei quali è l’effluente zootecnico che viene prodotto nelle aziende zootecniche italiane, poi di scarti del mondo agricolo e anche gli scarti agro/industriali, che fino a poco tempo fa non venivano valorizzati. Questa serie di matrici vengono portate al digestore, che non è altro che un ambiente confinato in cui avviene un processo anaerobico, e trasformate in una molecola straordinaria che è il biogas. Il biogas è composto da circa il 60% di biometano. Quindi noi oggi abbiamo una molecola che viene prodotta utilizzando qualcosa che fino a poco fa era gettato via come rifiuto.
MS: E come si trasforma il biogas in biometano?
CC: Per passare da biogas a biometano è sufficiente un sistema di upgrading o meglio specificato come un sistema di purificazione. In questo processo viene sottratta al biogas la CO2, cioè la sua componente pari a circa il 40%, per trasformare il biogas in biometano con un grado di purezza compatibile con quella che è la necessità delle reti di trasporto nazionale e delle altre utilizzazioni convenzionali.
MS: A livello normativo, in Italia è già possibile utilizzare il biometano all’interno di una rete domestica o di rifornitori per autotrazione?
CC: Per essere più chiaro conviene che faccia un passo indietro. Tre anni fa uscì il primo Decreto sul Biometano. Si trattava, a detta di tutti gli operatori, della normativa migliore e più avanzata in Europa sull’utilizzo del biometano come combustibile alternativo o, come meglio specificato, come biocarburante avanzato. Quel decreto, ancor oggi in vigore, ha però delle particolarità che non lo hanno reso totalmente operativo, in quanto non è in grado di gestire la bancabilità degli investimenti. In questi ultimi tre anni si è lavorato fortemente per migliorare l’attuale norma e a breve uscirà, in consultazione pubblica, il Decreto Biometano Bis che permetterà finalmente lo sviluppo definitivo del settore e si potrà parlare di una nuova era per la digestione anaerobica.
MS: Ma il Decreto riguarda l’autotrazione o il rifornimento domestico?
CC: Finché non verrà pubblicato, non possiamo sapere esattamente quali saranno i contenuti del Decreto. E’ ovvio che per noi il biometano è la possibilità di trasformare in green la rete convenzionale. Come lo sono stati gli elettroni prodotti da fonti rinnovabili per la rete elettrica, trasformata in green. Sicuramente abbiamo un’esigenza fondamentale oggi, non dimentichiamoci che il biometano prodotto secondo il modello del Biogasdoneright è l’unico biocarburante avanzato made in Italy. Per biocarburante avanzato intendiamo l’unico che oggi è producibile a livello nazionale. Esiste un obbligo da assolvere, relativamente a quella che è la quota di biocombustibili da immettere nel circuito del consumo. Secondo le nostre proiezioni, il biometano può costituire quella quota che ha il nostro sistema Paese.
MS: Di quale quota si parla?
CC: Ci sono delle soglie percentuali predeterminate. Se non ricordo male, mi sembra che per il 2017 si tratti del 2,5%.
MS: Dalla sua postazione privilegiata direttore, mi faccia una previsione: quando realisticamente, in Italia, le reti potranno essere approvvigionate da biometano?
CC: Prestissimo. C’è già un codice di rete SNAM che lo permette. Recentemente il GSE ha pubblicato le procedure applicative per la qualifica di impianti di metano per l’immissione in rete. Il nodo è sull’uscita del Decreto di cui si parlava. Sembra che a brevissimo andrà in consultazione pubblica e successivamente verrà notificato in Commissione Europea per poi essere finalmente pubblicato in Gazzetta Ufficiale e dare il corso agli investimenti che oggi stanno attendendo di partire.
MS: Parliamo di numeri. Quanti sono, approssimativamente, gli impianti di biogas in Italia?
CC: Abbiamo un dato certo: gli impianti in Italia sono complessivamente circa 1600, dei quali 1500 da matrice agricola, quindi installati in aziende agricole.
MS: E quanti impianti di purificazione?
CC: Attualmente sono pochissimi gli impianti di upgrading installati dopo l’uscita del primo Decreto perché, come accennato, alla norma mancavano alcune parti che rendevano possibile lo sviluppo degli investimenti. Credo che il nuovo Decreto darà sicuramente la possibilità di attivare quei meccanismi virtuosi ancora inesistenti in molte regioni, specialmente al sud, sviluppando la raccolta differenziata e rendendo più virtuoso anche il processo di digestione dei rifiuti. Infatti i 1500 impianti agricoli italiani sono, per la maggior parte, in Emilia, Lombardia, Veneto, Piemonte e Friuli.
E sicuramente il nuovo Decreto consentirà la costruzione di nuovi impianti da matrice agricola in altre regioni e, soprattutto, permetterà le riconversioni parziali o totali di impianti di biogas che potranno declinare totalmente quella che oggi è la produzione di energia elettrica a biometano oppure, simultaneamente, produrre energia elettrica e biometano da destinare, per esempio, ai trasporti.
MS: Qual è l’impatto occupazionale del vostro settore in Italia?
CC: La ringrazio per la domanda. Poco tempo fa, partecipando al tavolo della mobilità sostenibile come Consorzio Italiano Biogas, abbiamo dato numeri che sono ufficialmente riscontrabili: oggi sono più di 12000 gli addetti stabili nel nostro settore. E anche il GSE ha riportato, secondo le proprie elaborazioni, dati molto vicini a quelli nostri. Sempre secondo le loro proiezioni, il biometano, oltre agli attuali 12000 posti di lavoro, ne porterà nel sud dell’Italia quasi altrettanti. Dobbiamo soprattutto considerare che, oltre agli addetti diretti, esiste un poderoso indotto dietro un impianto che trasforma il biogas in biometano. Infatti, grazie alle infrastrutture tecnologiche che sono state realizzate all’interno delle aziende agricole, si sono create nuove professionalità – come biologi e tecnici specializzati – e, soprattutto, si è sviluppato un rapporto diretto tra l’azienda agricola e società che forniscono componentistica. Non è semplice, quindi, stimare con esattezza l’entità complessiva dell’indotto, ma le posso garantire che si tratta di una realtà rilevante.
MS: Mi può spiegare che cos’è la Piattaforma Tecnologica Nazionale sul Biometano?
CC: La Piattaforma è stata presentata alla scorsa edizione di Ecomondo, ed ha l’obiettivo di dimostrare come metano e biometano siano elementi che aiutano la transizione energetica che tutti oggi stiamo attendendo. Come ho specificato prima: il biometano rende green la rete, ma senza il metano diventa difficile produrre biometano. Una sinergia, quindi, su cui si basa lo sviluppo di una transizione energetica nazionale.
MS: Infine una sua visione personale. Quale ruolo prevede possa avere il biometano nel difficile percorso di decarbonizzazione?
CC: Sicuramente, se parliamo di trasporto pesante, dobbiamo considerare che oggi già esiste la tecnologia per produrre metano liquefatto e il mondo dell’industria, partner di queste iniziative, sta già andando in quella direzione. È già operativa una serie di modelli di trattrici stradali che, grazie al metano liquefatto, stanno consegnando merci, attraversando l’Italia, in un modo molto più sostenibile. Per quello che concerne il trasporto leggero, dobbiamo considerare che la nascita di un settore del biometano favorirà l’apertura di nuovi punti di rifornimento che potranno anche essere aperti direttamente in connessione con l’azienda agricola. Proviamo a immaginare il futuro: non sarebbe male fermarsi a una stazione di rifornimento interna a un’azienda agricola e, mentre si fa il pieno di biometano, acquistare allo spaccio qualche prodotto locale. Questo è il mio sogno, e son sicuro che presto si realizzerà.