(Rinnovabili.it) – Convincere i fumatori ad abbandonare le sigarette e sfruttare le piante di tabacco per produrre biofuel. Questa l’idea della Boeing, che vuole produrre biocarburante per aeroplani sfruttando piante di tabacco modificate, idea che potrebbe portare ad una sostanziale riduzione delle emissioni inquinanti legate al trasporto aereo stimolando al contempo le economie del Sud Africa, dove la pianta verrebbe coltivata.
La Boeing infatti sta lavorando a stretto contatto con la South African Airways (SAA) e la società SkyNRG che produce jetfuel sostenibile per espandere la produzione dell’impianto ibrido Solaris, sostenendo che quella del tabacco potrebbe rivelarsi una coltura energetica che gli agricoltori avrebbero la possibilità di far crescere variandone l’impiego tradizionale. Al momento in Africa si stanno testando le nuove piante, modificate per non contenere nicotina, sperando di riuscire a portare la produzione sia su larga che su piccola scala nei prossimi anni. E mentre all’inizio della sperimentazione il carburante veniva estratto esclusivamente dai semi al momento gli esperti si stanno concentrando sulla metodologia idonea a permettere che il biofuel sia ottenuto dall’intera pianta ricordando che se prodotto in maniera sostenibile il biocarburante ha un elevato potenziale di riduzione dell’impatto ambientale rispetto ad un carburante tradizionale con un calo delle emissioni di anidride carbonica dal 50 al 80 per cento rispetto al carburante derivato del petrolio durante il suo intero ciclo di vita.
“Utilizzando il tabacco ibrido, possiamo sfruttare la conoscenza di coltivatori di tabacco in Sud Africa a crescere un raccolto per la produzione di biocarburanti senza incoraggiare il fumo”, ha detto Ian Cruickshank, della South African Airways specialista in questioni ambientali. “Questo è un altro modo in cui SAA e Boeing stanno guidando lo sviluppo di biocarburanti sostenibili, rafforzando al tempo stesso un’opportunità economica per la nostra regione.”
Non mancano però le polemiche dei gruppi ambientalisti, preoccupati che un tale business possa alimentare la deforestazione spingere gli agricoltori a volere appezzamenti di terreno da coltivare sempre più grandi a danno degli equilibri ambientali.