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Il bioetanolo che viene dai panda giganti

Bioetanolo dai panda(Rinnovabili.it) – Una specie in via di estinzione quella dei panda giganti, che continua a far parlare di sé offrendo sempre nuovi spunti, stavolta energetici. Stavolta è il loro potenziale ruolo di produttori di bioetanolo a mettere al centro del dibattito due esemplari ospitati dallo Zoo di Memphis. Ya Ya e Le Le stanno infatti contribuendo a cambiare la produzione di biocarburanti sfruttando prodotti vegetali non alimentari. “Abbiamo scoperto che alcuni microbi contenuti nelle feci del panda potrebbero rappresentare la soluzione per la ricerca di nuove fonti di energia sostenibile” ha detto Ashli ​​Brown, direttore di una nuova ricerca che potrebbe presto prendere in considerazione altri esemplari di panda gigante dello Zoo canadese di Toronto.

 

Il professor Brown insieme al team di studenti che lo segue alla Mississippi State University ha identificato oltre 40 tipi di microbi che vivono nell’intestino dei panda giganti di Memphis, adatti a rendere la produzione di biodiesel dagli scarti delle verdure più efficiente ed economica con risvolti utili anche ad aiutare i panda a sopravvivere.

 

Al momento la maggior parte dell’etanolo prodotto negli Usa deriva dal mais, ma è vasta la preoccupazione che il settore possa mettere in pericolo la produzione alimentare del cereale facendone anche aumentare il prezzo di mercato. La rivoluzione di Brown consiste nell’aver capito che negli scarti del mais e di altri vegetali è nascosto un elevato potenziale energetico che può essere sfruttato senza danneggiare il settore alimentare. Tuttavia questi elementi richiedono una lavorazione particolare in grado di facilitare i processi di produzione del bioetanolo, trattamenti costosi che richiedono un gran dispendio energetico e i cui effetti possono invece essere prodotti dai batteri, in grado di decomporre la lignocellulosa trasformandola in sostanze facilmente trasformabili in etanolo mediante fermentazione. I batteri presenti nel tubo digerente dei panda giganti sono i primi candidati, non solo perché questi animali hanno una dieta a base di bambù, ma anche perché hanno un tratto digerente breve dove i batteri hanno bisogno di enzimi insolitamente potenti per abbattere le molecole lignocellulose. “Il tempo che intercorre tra la nutrizione e la defecazione è relativamente breve nel panda, quindi i microbi devono essere molto efficiente per ottenere il valore nutrizionale del bambù” ha detto Brown.

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