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Bioenergia, potere agli scarti agroindustriali

Adani: “Non esiste ancora un mercato consolidato per il riutilizzo di questi scarti. Esistono però aziende che stanno lavorando, con notevole lungimiranza"

(Rinnovabili.it) – Quanto riescono a contribuire gli scarti agroindustriali al comparto bioenergetico “made in Italy”? La risposta arriva da Fabrizio Adani, responsabile scientifico del Gruppo Ricicla, Di.Pro.Ve (Dipartimento produzione vegetale, facoltà di Agraria) dell’Università di Milano, che spiega come quelli che a prima vista sembrano essere rifiuti possono produrre in Italia, ogni anno, una media di 12milioni di tonnellate di scarti agroindustriali. “Solo la frazione organica arriva a 9 milioni. Il loro riutilizzo, che li colloca nella categoria dei sottoprodotti e non dei rifiuti, deve essere visto come un valore aggiunto di notevole interesse”, spiega Adani che il prossimo 28 febbraio, nell’ambito del ricco calendario convegnistico organizzato per la terza edizione di Bioenergy Italy, figurerà tra i relatori al terzo Food Bioenergy dal titolo “L’utilizzo degli scarti della lavorazione agroindustriale per fini energetici, per la produzione di nuove materie prime e/o di ingredienti”.

 

Il convegno servirà da occasione per fare il punto della situazione su un mercato che seppur non ancora consolidato, sta dimostrando potenzialità sorprendenti. Attualmente gli scarti agroindustriali sono reimpiegati nella produzione energetica(biogas) e/o in quella del compost da distribuire sui terreni come ammendante organico, tuttavia “grazie agli studi condotti e alle innovative tecnologie oggi disponibili – prosegue Adani – è possibile estrarre molecole ad elevato valore aggiunto come polifenoli, carboidrati, omega 3, omega 6, pigmenti che possono essere utilizzati nella produzione alimentare, farmaceutica, cosmetica a cui questo mercato di riferimento guarda con sempre maggiore interesse”.


L’interesse finanziario destinato a innovazione e ricerca scientifica rappresenta però ancora il tasto dolenti nel mercato italiano. “I quantitativi di scarti industriali, come abbiamo visto, non mancano, le idee applicative per come sfruttarli al meglio nemmeno. I finanziamenti da destinare a portare avanti un processo così interessante invece languono e rischiano, come peraltro avviene in altri settori, di confinarci nel fondo della classifica destinata alla ricerca scientifica”.