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Ue: dazi antidumping su biodiesel cinese

Ue: dazi antidumping su biodiesel cinese

Tra 4 settimane dazi antidumping sul biodiesel cinese

Cosa sta succedendo ai produttori di biocarburante in Europa? Tra sospensione di progetti e chiusura di impianti la situazione non appare ottimale e oggi c’è chi punta il dito sulle importazioni di biofuel dalla Cina tra le cause di difficoltà del mercato interno. Un punto di vista spostato, a quanto pare, anche dalla Commissione Europea che oggi ha annunciato l’arrivo di dazi antidumping sul biodiesel cinese. Le nuove tariffe saranno imposte in via provvisoria tra quattro settimane sulle importazioni di HVO (olio vegetale idrotrattato) e FAME (esteri metilici degli acidi grassi), in percentuali variabili tra il 12,8% e il 36,4%.

Ma come siamo arrivati a questo punto? E potranno le misure doganali europee mettere al sicuro l’industria UE? La risposta è complessa.

Olio di palma: dall’Indonesia all’UE passando per la Cina

È indubbiamente vero che negli ultimi due anni, il mercato europeo dei biocarburanti sia stato inondato dalle importazioni di biocarburanti prodotti in Cina, soprattutto a partire da olio da cucina usato. Il primo ordine di problemi ha riguardato le certificazioni che accompagnavano questi prodotti, classificati per lo più come “avanzati” e “a base di rifiuti”, come richiesto dalla normativa comunitaria. L’indagine avviata dall’esecutivo UE ha scoperto in prima battuta che il mercato cinese si prestava come strumento per eludere i dazi sul biodiesel indonesiano. In altre parole il biocarburante prodotto in Indonesia dall’olio di palma – materia prima messa al bando nell’UE – veniva portato in Cina e poi rietichettato come biofuel avanzato per essere esportato nell’Unione europea.

Pratiche di dumping sul mercato del biodiesel

Ma la faccenda non si esaurisce qui dal momento che il biodiesel fraudolento rappresenta solo una parte dell’export di biocarburanti. Come è successo per altri prodotti della transizione, vedi i pannelli solari, le auto elettriche o le turbine eoliche, il biofuel Made in China si è dimostrato rapidamente molto più conveniente della produzione nel Blocco. E nel 2023 la Repubblica popolare è divenuta ufficialmente il maggiore esportatore di biodiesel verso l’Unione, causando un crollo del prezzo di mercato da circa 2.250 euro a tonnellata a 1.100 euro. D’altra parte uno studio recente di T&E ha dimostrato che la raccolta dell’olio usato in Cina è fino al 30% più economica rispetto all’Europa. Ma il sospetto che vi fosse un sottocosto forzato alla base di questa convenienza si è fatto velocemente strada.

Nel frattempo il mercato comunitario ha accusato il colpo. “Chevron Renewable Energy Group ha messo in congedo forzato i lavoratori tedeschi, Shell ha sospeso la costruzione di un impianto di biodiesel nei Paesi Bassi, BP sta sospendendo un progetto di biocarburante in Germania e Argent Energy ha persino chiuso una bioraffineria”, ha commentato qualche giorno fa l’European Biodiesel Board (EBB). “Sebbene le importazioni cinesi non siano l’unica ragione di queste decisioni, il dumping del biodiesel ha contribuito alle difficoltà che i produttori devono affrontare”.

 Ecco perché la stessa EBB ha avviato una seconda indagine puntando il dito su pratiche commerciali scorrette. E le prime contromisure sono finalmente arrivate. “Oggi abbiamo ottenuto misure che inizieranno a riequilibrare la bilancia“, ha dichiarato presidente di EBB, Dickon Posnett.Il nostro prossimo passo è collaborare con l’UE per chiudere le scappatoie che altrimenti comprometterebbero questo buon lavoro e anche collaborare con gli Stati membri e la Commissione per garantire che qualsiasi pratica fraudolenta venga affrontata in futuro da un sistema di certificazione della sostenibilità più solido“.

Tuttavia, l’associazione si è detta seriamente preoccupata per l’inaspettata esclusione del carburante per aviazione sostenibile (SAF) cinese da questo intervento. 

C’è preoccupazione anche da parte dell’associazione T&E. Spiega Cian Delaney, attivista per i biocarburanti presso T&E “L’Europa fa eccessivo affidamento sull’olio da cucina usato proveniente da paesi lontani, come la Cina, e di difficile verifica. Le restrizioni sulle importazioni dalla Cina sono un passo nella giusta direzione, tuttavia, le tariffe anti-dumping da sole non saranno sufficienti per contrastare le frodi UCO. Senza una revisione completa del processo di certificazione, l’UE continuerà a fare il gioco della talpa, poiché i truffatori di altri paesi colmeranno semplicemente il divario. Bruxelles deve smettere di incentivare gli oli usati importati non verificabili e passare da un sistema di verifica guidato dall’industria a una regolamentazione più rigorosa”.

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