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Una tazza di caffè per svegliare la produzione di biodiesel dalle alghe

produzione biodiesel
Foto di Alexander Fox | PlaNet Fox da Pixabay

Un nuovo approccio per rendere semplice la produzione di biodiesel

(Rinnovabili.it) – L’Italia ha un originale primato: la seconda bevanda più bevuta nel paese, dopo l’acqua, è il caffè. Una passione che porta gli italiani a consumare oltre 80 milioni di tazzine al giorno, generando una quantità altrettanto importante di fondi. Come gestirli? Questi rifiuti sono ottimi per il compost domestico dal momento che contengono potassio, fosforo e magnesio. Caratteristiche che li rendono adatti anche in un altro campo: la produzione di biodiesel algale.

Lo ha scoperto un gruppo di ricercatori dell’Aston University, in Inghilterra. La dott.ssa Vesna Najdanovic, docente di ingegneria chimica, e la dott.ssa Jiawei Wang fanno parte di un team che coltivava microalghe di Chlorella vulgaris da trasformare in combustibile. Nei loro esperimenti hanno mostrato come gli scarti del caffè possano regalare alla produzione di biodiesel un doppio vantaggio: da un lato, come nel caso del compost, forniscono nutrienti importanti; dall’altro offrono alle alghe una struttura fisica dove crescere e svilupparsi.

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Finora, il team aveva coltivato la Chlorella vulgaris su materiali come schiuma poliuretanica e nylon aggiungendo nutrienti dall’esterno. Nel loro lavoro, Najdanovic e Wang hanno dimostrato di poter far crescere le cellule algali direttamente sui fondi senza nessun ulteriore apporto nutritivo. E hanno anche scoperto che esporre le alghe alla luce per 20 ore al giorno e al buio per quattro ore permetta di creare biodiesel della migliore qualità. Il risultato? Lo studio ha generato un biocarburante potenziato a basse emissioni e con buone prestazioni del motore, in grado di soddisfare le specifiche statunitensi ed europee.

“Questa è una svolta nel sistema di coltivazione delle microalghe”, spiega Najdanovic. “Produrre biodiesel dalle microalghe attaccate ai fondi di caffè esauriti potrebbe essere una scelta ideale per la commercializzazione di nuove materie prime, evitando la concorrenza con le colture alimentari”. La ricerca, condotta in collaborazione con colleghi provenienti da Malesia, Thailandia, Egitto, Sud Africa e India, è stata pubblicata su Renewable and Sustainable Energy Reviews (testo in inglese).

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