Rinnovabili

Il mercato dei biocarburanti da oli usati è un far west senza regole e controlli

biocarburanti da oli usati
via depositphotos.com

Le certificazioni volontarie non aiutano la trasparenza nella filiera dei biocarburanti da oli usati

Nel mondo in rapida evoluzione delle energie rinnovabili, la domanda di biocarburanti da oli usati è in forte crescita. Soprattutto nel settore dell’aviazione. Uno studio di Transport & Environment (T&E), in collaborazione con Stratas Advisors, rivela però che la sostenibilità e la provenienza di questi oli da cucina usati destano preoccupazione. In particolare quando arrivano dalla Cina e dalla Malesia.

La crescente domanda di biocarburanti ha portato l’Europa a consumare circa 130 mila barili di oli usati al giorno. Un numero otto volte superiore alla quantità che si riesce a raccogliere entro i confini dell’Unione. Anche gli Stati Uniti, stimolati dall’Inflation Reduction Act, consumano ora 40 mila barili al giorno. Con le compagnie aeree che si preparano a triplicare la domanda di oli da cucina usati entro il 2030 per raggiungere gli obiettivi di carburanti sostenibili (SAF), la situazione si complica ulteriormente.

Cina e Malesia: discrepanze, frodi e dumping sui prezzi

La Cina, il più grande produttore mondiale di oli usati, esaurirà presto le scorte disponibili. Al momento esporta più di quanto raccoglie. La Malesia, importante produttore di olio di palma, esporta tre volte più olio usato di quanto ne produce. Queste discrepanze sollevano sospetti di frodi, suggerendo che oli vergini come quello di palma potrebbero essere etichettati falsamente come materia prima seconda.

Il basso costo di raccolta degli oli in Asia, circa il 30% inferiore rispetto all’Europa, rende il mercato europeo meno competitivo e attraente. Ciò ha portato a un’eccessiva offerta di biodiesel cinese a basso costo, abbassando i prezzi nel mercato europeo e riducendo gli incentivi per la raccolta interna.

Regole e controlli tutti da immaginare

Alla luce di queste evidenze, T&E chiede una revisione completa del sistema di certificazione degli oli usati per prevenire frodi e garantire la sostenibilità. Propone un passaggio da schemi volontari a una regolamentazione più severa con maggiori controlli governativi. Inoltre, suggerisce che i governi smettano di conteggiare gli oli importati nei loro obiettivi di sostenibilità, per evitare etichettature fraudolente.

Senza implementare misure rigorose per assicurare la trasparenza e la sostenibilità della catena di approvvigionamento, gli sforzi globali di decarbonizzazione saranno… fritti.

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