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Combustibili da elettricità rinnovabile (e-fuels): a che punto siamo?

Nella strada verso la neutralità climatica, i combustibili da elettricità rinnovabile (i cosiddetti “e-fuels”), primo tra tutti il metanolo, stanno diventando uno strumento essenziale per la decarbonizzazione dei settori “hard-to-abate”

e-fuels
via depositphotos.com

di Alberto Pettinau

Uno sguardo al mondo dei combustibili prodotti da elettricità rinnovabile

(Rinnovabili.it) – La strada verso la neutralità climatica che l’Unione europea si è impegnata a raggiungere entro il 2050, ha davanti a sé diversi ostacoli. Primo tra tutti, la decarbonizzazione dei settori cosiddetti hard-to-abate, ovvero quei settori oggi non direttamente elettrificabili, quindi difficili da decarbonizzare. Tra questi, il settore dei trasporti è particolarmente problematico perché ancora profondamente radicato sull’uso dei combustibili di derivazione petrolifera e risulta responsabile, ad oggi, di quasi un quarto (23%) delle emissioni di anidride carbonica. E se per automobili e autocarri leggeri la tendenza all’elettrificazione è ormai chiara (è di poche settimane fa il via libera definitivo del Parlamento europeo al divieto di vendita di veicoli a combustibili fossili a partire dal 2035), il percorso non è così semplice per i trasporti pesanti, in primis quello navale e aereo, la cui elettrificazione diretta è, di fatto, ancora impraticabile.

emissioni trasporti
Emissioni globali di anidride carbonica nel settore dei trasporti. Credits: Europarlamento

L’elettrificazione indiretta grazie agli e-fuels

La strada più promettente per la decarbonizzazione dei trasporti pesanti – nonché di diversi processi industriali – è dunque quella di un’elettrificazione indiretta, attraverso i cosiddetti elettrocombustibili, o e-fuels: combustibili prodotti da energia elettrica rinnovabile che possono essere utilizzati semplicemente rimpiazzando gli attuali combustibili di derivazione fossile.

Il primo passo è la produzione di idrogeno verde attraverso l’elettrolisi dell’acqua. Idrogeno che, a seconda dei casi specifici, può essere utilizzato tal quale oppure essere convertito in ammoniaca, metanolo, dimetiletere, metano, cherosene, nafta, addirittura benzina e gasolio, evitando così i problemi legati al suo trasporto e allo stoccaggio. Tutti combustibili rinnovabili che possono essere impiegati in sostituzione dei combustibili convenzionali, sfruttando peraltro in gran parte le infrastrutture esistenti. E se è vero che il carbonio contenuto in quasi tutti gli e-fuels (eccetto idrogeno e ammoniaca) viene riemesso sotto forma di CO2 a seguito della loro combustione, non va dimenticato che si tratta comunque di un ciclo chiuso, a bilancio pressoché nullo: la sintesi degli e-fuels impiega idrogeno verde e CO2 riciclata, catturata evitandone l’emissione in atmosfera, se non direttamente prelevata dall’aria.

Gli e-fuels presentano peraltro un ulteriore vantaggio: la conversione dell’energia elettrica da fonte rinnovabile non programmabile (solare ed eolica) in combustibili costituisce una forma di accumulo chimico dell’energia, contribuendo al bilanciamento della rete elettrica e consentendo quindi un’ulteriore diffusione delle fonti rinnovabili.

Tecnologie sempre più mature

Solo fino a pochi anni fa si trattava di tecnologie di frontiera. Anche perché la produzione di idrogeno per elettrolisi era limitata a pochissime applicazioni specifiche. La strada verso lo sviluppo industriale delle tecnologie “power-to-fuels è stata aperta nel 2011, in Islanda, da Carbon Recycling International (CRI), che, sfruttando l’energia geotermica, ha realizzato, vicino a Reykjavik, un impianto dimostrativo in grado di produrre fino a 4000 tonnellate all’anno di metanolo rinnovabile (commercializzato in nord Europa con il marchio Vulcanol®). Per far ciò l’impianto – dedicato al premio Nobel per la chimica George Olah, che fin dagli anni ’90 propose il metanolo come vettore energetico del futuro – ricicla ogni anno 5500 tonnellate di CO2. Progetto seguito poco dopo da Audi, che nel 2013 ha inaugurato in Germania, presso Wertle, un impianto dimostrativo capace di produrre ogni anno 1000 tonnellate di metano sintetico a partire da 2800 tonnellate di anidride carbonica.

Si tratta, in entrambi i casi, di progetti pionieristici, che hanno però aperto il campo a innumerevoli prospettive di applicazione. È recentissimo (dicembre 2022) l’avvio della produzione di benzina sintetica presso l’impianto di Haru Oni a Punta Arenas, nella Patagonia cilena. Un progetto avviato solo due anni prima da HIF Global con la partecipazione di Porsche, Siemens Energy, Enel Green Power, Exxon Mobil, Enap, Empresas Gasco e Johnson Matthey. L’impianto converte energia eolica (disponibile in Patagonia per oltre 6000 ore all’anno) in idrogeno, impiegato, insieme all’anidride carbonica separata direttamente dall’aria, per la produzione di 750.000 litri all’anno di metanolo rinnovabile, a sua volta convertito in benzina sintetica (130.000 litri all’anno).

Proprio pochi giorni fa (21 febbraio 2023) è stato inaugurato del più grande impianto al mondo per la produzione di metanolo sintetico: l’impianto Shunli, nella provincia cinese di Henan, è stato progettato per la produzione di 110.000 tonnellate annue di metanolo sintetico riciclando 160.000 tonnellate all’anno di CO2 grazie alla tecnologia “Emissions-to-Liquids messa a punto da CRI sulla base dell’esperienza islandese.

Metanolo da CO2
L’impianto cinese Shunli. Credits: https://www.carbonrecycling.is/

Costi ancora proibitivi, ma non dappertutto

Secondo le stime dell’Agenzia Internazionale per l’Energia e di diversi altri studi, la produzione di e-fuels da energia elettrica rinnovabile costa oggi mediamente più del doppio rispetto alla produzione degli stessi da fonti fossili. Ma, nel caso degli elettrocombustibili, il costo di produzione dipende in grandissima parte (circa tre quarti) dal prezzo di produzione dell’energia elettrica. Ed è anche per questo motivo che gli e-fuels, in molti contesti caratterizzati da un basso costo dell’elettricità rinnovabile (come nel caso già citato della Patagonia), iniziano ad essere fortemente competitivi. Competitività destinata a crescere nei prossimi anni: lo sviluppo tecnologico (soprattutto degli elettrolizzatori), la sempre maggiore diffusione degli impianti a fonti rinnovabili non programmabili, il mercato in evoluzione, il prezzo crescente delle quote di emissione di CO2 renderanno, nel prossimo futuro, gli e-fuels altamente competitivi.

La strada tracciata dell’Unione europea

Il mercato mondiale degli e-fuels è in forte espansione, specialmente nel caso del metanolo, considerato l’impiego crescente nell’industria chimica o come prodotto intermedio per la sintesi di altri combustibili. E lo sarà ancora di più nei prossimi mesi, anche grazie al forte impulso dato dalle politiche di decarbonizzazione dell’Unione europea. L’adozione del pacchetto di direttive “Fit for 55 imporrà, per gli anni a venire, una quota via via crescente di combustibili rinnovabili certificati (biocombustibili e soprattutto e-fuels) per il trasporto aereo e marittimo, lasciando peraltro la porta aperta a un possibile impiego nel settore delle automobili, in alternativa all’elettrificazione diretta.

Tra i provvedimenti delle direttive ReFuelEU Aviation e FuelEU Maritime, parte integrante del pacchetto, è prevista la creazione di un’alleanza europea (la Renewable and Low-Carbon Fuels Value Chain Industrial Alliance, istituita ad aprile 2022) tra gli stakeholder impegnati nell’intera catena del valore di questi combustibili: ricerca scientifica, sviluppo tecnologico, produzione, utilizzo, logistica, finanza. Tecnologie sempre più avanzate, costi di produzione in calo, mercato in forte espansione, politiche europee chiare, coordinamento tra gli stakeholder: gli e-fuels giocano già un ruolo da protagonisti nella transizione verso la neutralità climatica.