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Decreto Incentivi Biometano, dalle gare pubbliche ai limiti emissivi

Il provvedimento ministeriale per l'incentivazione biometano prende concretezza ma diversi punti preoccupano le associazioni di settore. Elettricità futura: "Nella sua attuale formulazione bloccherebbe lo sviluppo degli impianti di biometano da FORSU"

decreto incentivi biometano
Foto di ADMC da Pixabay

La bozza del decreto Incentivi Biometano

(Rinnovabili.it) – Continua a far discutere la bozza del Decreto Incentivi Biometano, l’atto ministeriale finalizzato a sostenere la produzione di tale biocombustibile e la realizzazione di interventi di economia circolare. Il provvedimento nasce con il fine supportare i nuovi target verdi nazionali. Nell’attuale PNIEC (oggi in fase di riformulazione) l’Italia si è data l’obiettivo di produrre entro il 2030 almeno 1,1 miliardi di Sm3 l’anno di biometano.

Per non mancare la meta, nel PNRR ha dedicato al comparto una specifica linea di finanziamento e riforme ad hoc che ne accelerino lo sviluppo. Il Decreto rappresenta lo strumento concreto di tale progetto. Lo schema definisce, infatti, i requisiti e le modalità di accesso per i nuovi contributi destinati alla realizzazione di nuovi impianti e alla riconversione di quelli elettrici alimentati a biogas. Ma soprattutto per la prima volta introduce una disciplina integrata che va oltre il sostegno al solo settore dei trasporti, aprendo le porte anche al comparto industriale, agricolo, terziario e residenziale.

Le novità del DM biometano

Gli incentivi, assegnati tramite procedure competitive secondo precisi contingenti annuali, saranno composti da:

  •  un contributo in conto capitale sulle spese ammissibili dell’investimento sostenuto;
  • una tariffa incentivante vera e propria applicata alla produzione netta del combustibile per una durata di 15 anni.
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I contingenti di capacità produttiva annualmente resi disponibili nelle procedure competitive, espressi in standard metri cubi/ora di biometano

Ma le regole per ottenerli varieranno da caso a caso. Il testo prevede tra i requisiti da rispettare alcune caratteristiche di “sostenibilità”. Per gli impianti che producono biometano per trasporti una riduzione di almeno il 65% delle emissioni di gas a effetto serra mediante l’uso della biomassa; per quelli produttori di biometano destinato ad altri usi una riduzione di almeno l’80% delle emissioni di gas a effetto serra mediante l’uso della biomassa. 

Con alcune importanti “precisazioni”. Nel caso di impianti situati in zone interessate da procedure d’infrazione comunitaria sul fronte dello smog, i limiti da rispettare saranno, infatti, quelli imposti dai “Piani per il contrasto ai superamenti dei limiti della qualità dell’aria”. Per la produzione su scala industriale mediante processi di trasformazione chimica o biologica di sostanze o gruppi di sostanze di fabbricazione di prodotti chimici organici, e in particolare idrocarburi semplici, dovrà invece essere assicurata la conformità alla direttiva sulle Emissioni Industriali. Infine nel caso di impianti situati in zone vulnerabili ai nitrati dovrà essere utilizzato almeno il 40% in peso di effluenti zootecnici nel piano di alimentazione complessivo.

I nodi del testo

La bozza ha raccolto nelle ultime settimane diverse critiche dalle associazioni di settore. Le ultime arrivano da Elettricità Futura, la principale associazione del mondo elettrico italiano, nata dall’integrazione tra Assoelettrica e assoRinnovabili.

In una lettera indirizzata al ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani, il Presidente Agostino Re Rebaudengo ha sottolineato alcuni aspetti di rilievo presenti nel testo. Le preoccupazioni maggiori si riversano sul sistema apparentemente complesso che disciplina le procedure competitive e sullo squilibrio dei limiti emissivi. “Il decreto infatti introduce dei limiti di riduzione delle emissioni più stringenti per le iniziative da sviluppare nell’ambito industriale, terziario, agricolo, rispetto ai quelli previsti per i trasporti, con l’effetto di bloccare lo sviluppo degli impianti di biometano da digestione anaerobica della frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU), che garantiscono molteplici vantaggi a favore di un più efficiente servizio pubblico e sono oggi indispensabili per una corretta gestione del ciclo dei rifiuti”.

 “Inoltre, gli interventi di riconversione di impianti esistenti sono limitati solo ad interventi su impianti agricoli. Ciò appare limitante soprattutto per i progetti di riconversione di impianti industriali, compresi quelli che utilizzano il biogas dalla digestione anaerobica della FORSU e il gas da discarica. Non sfugge, per contro, che il rapporto tra il livello di incentivazione del biometano da FORSU e quello del biometano agricolo è di circa 1 a 4, inspiegabilmente e fortemente sbilanciato a favore degli impianti agricoli”.