Il rapporto di T&E sull’impatto dei biofuel insostenibili nel mondo
(Rinnovabili.it) – La deforestazione legata all’uso di biofuel insostenibili in Europa ha spazzato via in 10 anni un’area grande come l’Olanda. Ha cancellato il 10% degli habitat naturali della popolazione globale di orangotan. E puntare sui biocombustibili non è servito nemmeno ad abbattere le emissioni, visto che ne hanno prodotte tre volte tanto rispetto a quelle del diesel “tradizionale”, fossile, che hanno rimpiazzato.
Sono le conclusioni a cui è arrivato uno studio di Transport & Environment che si è concentrato sull’impatto della direttiva RED a 10 anni dalla sua introduzione e fornisce una valutazione ragionata di come vengono utilizzati da Bruxelles oggi i biofuel.
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Dal 2009 la direttiva UE sulle energie rinnovabili promuove l’uso delle energie pulite in sostituzione dei combustibili fossili nel settore dei trasporti. L’obbligo per gli Stati membri è di rispettare una quota del 10% di energia rinnovabile nel consumo finale di energia dei trasporti entro il 2020. Inoltre, la direttiva sulla qualità dei combustibili richiedeva anche ai fornitori di combustibili di ridurre l’intensità di carbonio dei combustibili del 6% entro il 2020. Nel complesso, però, queste politiche hanno trascurato il versante della sostenibilità.
Fino al pre-pandemia, T&E ha osservato un costante aumento del consumo complessivo di oli vegetali per la produzione di biodiesel. Proprio per raggiungere i target fissati dalle due direttive. “Come di consueto, la domanda di olio vegetale è soddisfatta principalmente da materie prime importate fortemente legate alla deforestazione come l’olio di palma e di soia”, si legge del report.
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Gli oli vegetali vergini (colza, palma, soia) hanno costituito quasi l’80% delle materie prime utilizzate nella produzione di biodiesel dell’UE nel 2020. La domanda di biodiesel nell’anno della pandemia è salita, nonostante i blocchi ai trasporti. L’olio di palma ha raggiunto il suo livello più alto, chiudendo un decennio di crescita che ne ha visto triplicare il consumo. Stabile l’uso di colza e olio da cucina usato, mentre i volumi di soia sono cresciuti del 17% e i grassi animali del 30% rispetto al 2019.
Palma da olio e soia che, ad un’analisi geografica delle importazioni, risultano legate a deforestazione e distruzione di habitat naturali in diversi paesi. “Abbiamo assistito a un grande allontanamento dall’olio di palma nei supermercati. Oggigiorno i consumatori possono scegliere se acquistare beni contaminati con olio di palma. Questo non è il caso del trasporto”, commenta Laura Buffet di T&E. “Il settore dei trasporti dell’UE sta attualmente sostenendo la domanda di olio di palma nocivo senza che i consumatori lo sappiano. Dobbiamo eliminare gradualmente i biocarburanti da olio di palma immediatamente”.