(Rinnovabili.it) – Utilizzare mais e legna per produrre elettricità potrebbe sembrare un buon modo per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, contribuendo a risolvere la crisi climatica. Ma anche se i biocarburanti possono svolgere un ruolo utile, dedicare terreno unicamente alla generazione di bioenergia non è saggio. Lo afferma uno studio del World Resources Institute, che pone l’accento sull’insostenibilità delle colture dedicate alla produzione di biofuel: esse sottraggono terra alla produzione alimentare, occupando ampie zone per generare basse quantità di carburante e, in definitiva, non aiutano a ridurre la quota di gas serra in atmosfera.
Infatti, utilizzare biocarburanti significa bruciare biomassa (legno, etanolo o biodiesel) ed emettere anidride carbonica come i combustibili fossili. Infatti, bruciando direttamente la biomassa si emette più CO2 rispetto ai carburanti tradizionali a parità di energia generata. Ma la maggior parte dei calcoli sostiene che le emissioni di gas serra siano minori rispetto ai combustibili fossili. Il che non è vero, perché al massimo queste si compensano con il carbonio assorbito dalla pianta durante la crescita, ma non contribuiscono a ridurre il gas già presente in atmosfera. Inoltre, quando le foreste vengono abbattute per coltivare biomassa, o i terreni agricoli vengono convertiti a monocolture dedicate, le emissioni addirittura crescono.
Circa tre quarti della terra coltivabile nel mondo è già utilizzata per soddisfare il bisogno umano di prodotti alimentari e forestali, con una domanda che crescerà più del 70% entro il 2050. Gran parte del rimanente è occupato da ecosistemi naturali che rallentano il cambiamento climatico, proteggono le riserve di acqua dolce e preservano la biodiversità.
Perché dunque, si è chiesto lo studio del WRI, contribuire ad accelerare un processo che sta già andando da tempo verso l’insostenibilità? E perché poi farlo con tecniche del tutto inefficienti? La ricerca calcola che, nel 2050, per fornire una quantità pari al 10% del carburante per il trasporto mondiale, servirebbe quasi il 30% di tutta l’energia che le colture globali producono oggi ogni anno.
Gli unici biocarburanti che potrebbero funzionare sono quelli di seconda generazione, spiega il World Resources Institute, perché non prevedono la conversione di terre agricole o la deforestazione.