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Così i biocarburanti aumentano la fame nel mondo

Se utilizzati come cibo, sfamerebbero il 30% della popolazione malnutrita. Ecco l’impatto (presente e futuro) dei biocarburanti di prima generazione

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(Rinnovabili.it) – L’impatto dei biocarburanti di prima generazione sulla sicurezza alimentare è stato più volte denunciato (anche su questo giornale). Ma adesso abbiamo anche una stima dell’ampiezza del fenomeno, che viene dal Politecnico di Milano. Un team di ricercatori ha stimato che grano, soia, mais e canna da zucchero coltivati per alimentare il settore dei trasporti, se utilizzati come cibo potrebbero sfamare un terzo della popolazione mondiale che soffre di malnutrizione.

Le recenti strategie politiche per la sicurezza energetica hanno innescato opportunità di investimento alla base della escalation nel consumo di biocarburanti a spese delle colture alimentari. Per valutare gli impatti dei biocarburanti sulla sicurezza alimentare, scrivono i cinque ricercatori del PoliMi, il nesso cibo-energia deve essere indagato in relazione al processo complessivo di appropriazione umana della terra e delle risorse idriche.

Lo studio, pubblicato su Scientific Reports, prende in esame la produzione globale dei biofuel e ricostruisce i pattern del commercio internazionale di questi beni, mettendoli in relazione al consumo di suolo e acqua.

 

I risultati mostrano che il bioetanolo è in gran parte prodotto tramite colture domestiche, facendo fermentare canna da zucchero, mais, barbabietola da zucchero e sorgo. Il 36% del consumo di biodiesel (ricavato chimicamente da olio di palma, soia e colza), si basa invece sul commercio internazionale, spinto soprattutto dal sud-est asiatico. Complessivamente, i biocarburanti consumano circa il 2-3% dell’acqua e della terra utilizzate per l’agricoltura, un quantitativo sufficiente ad alimentare circa il 30% della popolazione malnutrita: 280 milioni di persone.

Nel 2013, raccontano i ricercatori italiani, abbiamo bruciato 65 milioni di tonnellate di bioetanolo e 21 milioni di tonnellate di biodiesel in tutto il mondo. Per produrle, abbiamo impiegato 41,3 milioni di ettari di terreno agricolo e 216 miliardi di metri cubi d’acqua.

 

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L’Italia è il quinto consumatore di questo prodotto, in una classifica dominata dagli Stati Uniti. Sul podio anche Brasile e Francia, mentre il quarto posto è della Germania. Il nostro Paese ha dedicato 1,25 milioni di ettari di terreno e 4,3 miliardi di metri cubi d’acqua al biodiesel, mentre per il bioetanolo abbiamo impiegato rispettivamente 39mila ettari e 229 milioni di metri cubi.

Il business creatosi intorno a questo settore economico sta impedendo alle istituzioni europee e globali di cambiare rotta. Se la produzione di biocarburanti continuerà a crescere, fino a coprire il 10% dei carburanti per autotrazione, la sicurezza alimentare di 700 milioni di persone potrebbe presto essere a rischio. E in un trend  di crescita della popolazione mondiale, il problema non potrà che aumentare, se non ammettiamo che la strada dei biofuel di prima generazione non converge con il percorso verso la sostenibilità.