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Ricarica auto elettriche, in Italia tariffe anche 7,5 volte più alte di altri paesi UE

Uno studio commissionato da Motus-E e prodotto dalla società di consulenza Afry mette a confronto 5 diverse configurazioni in bassa e media tensione. Per il Belpaese pesano soprattutto gli oneri generali e di sistema

Ricarica auto elettriche: Italia, tariffe più care d’Europa per operatori
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Un ostacolo per gli operatori all’espansione della mobilità elettrica

In Italia gli operatori delle colonnine di ricarica delle auto elettriche pagano tariffe anche 7,5 volte più alte rispetto ad altri paesi Europei come Francia, Germania e Spagna per il semplice acquisto dell’elettricità. Lo rivela uno studio prodotto da Afry, una società svedese di consulenza, su richiesta di Motus-E.

L’obiettivo? Chiarire su quali ambiti concentrarsi per rendere più efficace e rapida la diffusione dell’infrastruttura per la mobilità elettrica, lato operatori. Se, in passato, l’associazione che riunisce rappresentanti della filiera automotive e mondo della ricerca aveva già messo l’accento sulle storture nell’espansione della rete di ricarica EV, adesso approfondisce alcuni ostacoli che attengono alla tariffa alla quale gli operatori dei punti di ricarica acquistano l’elettricità.

Nel settore della ricarica delle auto elettriche, infatti, l’energia rappresenta una spesa operativa significativa che gli operatori devono gestire. Specie in caso di basso utilizzo dell’infrastruttura di ricarica. Per sostenere la transizione energetica e promuovere la decarbonizzazione dei trasporti, alcuni paesi europei hanno già applicato misure per ridurre il costo totale dell’energia.

Ricarica auto elettriche, tariffe a confronto

Dallo studio di Afry emerge che l’Italia è il contesto più oneroso per gli operatori in tutte le 5 configurazioni di ricarica considerate, dove variano parametri di potenza, consumo, fattore di utilizzo elettrico e tipo di tariffazione (tenendo conto delle specificità nazionali).

“La tariffa italiana è la più alta di tutte, soprattutto in media tensione dove gli oneri di sistema e generali rappresentano la gran parte di essa, mentre i termini in potenza generano la maggior parte dei costi nelle configurazioni in media tensione, soprattutto quando il fattore di utilizzo è basso”, sintetizza lo studio.

Nello specifico, Afry considera le seguenti 5 configurazioni:

  • Tipo 1, bassa tensione, punto di consegna (Pod) da 50 kW, consumo 8.000 kWh/anno, fattore di utilizzo elettrico (Fue) dell’1,83%;
  • Tipo 2, bassa tensione, Pod da 99 kW, consumo 15.000 kWh/anno, Fue dell’1,73%;
  • Tipo 3, media tensione, Pod da 250 kW, consumo 37.000 kWh/anno, Fue dell’1,69%;
  • Tipo 4, media tensione, Pod da 600 kW, consumo 85.000 kWh/anno, Fue dell’1,62%;
  • Tipo 5, media tensione, Pod da 1.200 kW, consumo 130.000 kWh/anno, Fue dell’1,24%.

Nella 1° configurazione la tariffa in Italia è di 0,28 €/kWh, pari a quella della Germania ma già doppia di quella spagnola e tripla rispetto alla Francia. Nella configurazione 2 la tariffa per il Belpaese resta invariata, e doppia rispetto a Spagna e Francia. Le ultime 3 configurazioni, in media tensione, mostrano le tariffe relativamente più alte per l’Italia. Nel 3° tipo si ha una tariffa in Italia di 0,55 €/kWh contro gli 0,21 della Germania, gli 0,13 della Spagna e gli 0,08 della Francia. Nel 4° tipo gli 0,51 €/kWh italiani vanno confrontati con gli 0,21 tedeschi, gli 0,18 spagnoli e gli 0,08 francesi. Nel 5° tipo si hanno 0,60 €/kWh per l’Italia, 0,16 per la Germania, 0,20 per la Spagna e 0,08 per la Francia.

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