Rinnovabili • mobilità condivisa Rinnovabili • mobilità condivisa

La mobilità condivisa cresce in Italia e tocca livelli record

L’Osservatorio sulla mobilità condivisa ha mostrato come il settore sia in crescita in tutta Italia anche se il nord – e Milano in particolare – restano un passo avanti per frequenza di utilizzo e per varietà di scelta. L’importanza della sharing economy sull’ambiente

mobilità condivisa

La 5a Conferenza nazionale sulla sharing mobility

di Andrea Barbieri Carones

(Rinnovabili.it) – La mobilità condivisa riprende a crescere in quelle città italiane in cui il servizio è già attivo da tempo. Milano si conferma in testa in Italia e ai primi posti in Europa per il ricorso a questa forma di possesso di un veicolo, che sia a 2 o a 4 ruote. In questo scorcio di 2019, lo sharing ha superato i valori del 2019 quando il Covid non si era ancora presentato in tutta la sua drammaticità.

La 5a Conferenza nazionale sulla sharing mobility ha fatto il punto della situazione attraverso il rapporto presentato dall’Osservatorio nazionale. I dati sono diversi: le città italiane interessate da almeno un servizio di mobilità condivisa sono 49 mentre i servizi messi in campo (o su strada) sono 159. Vale a dire il triplo rispetto al 2015. 

Tali servizi hanno raggiunto una quota di 5,6 milioni di iscritti, che possono utilizzare quasi 90.000 veicoli condivisi. Milano, Roma, Torino e Firenze sono le uniche 4 città in cui son presenti tutti e 4 i servizi in condivisione: auto, scooter, bici e monopattini.

Tutto ciò con numero di noleggi che nelle 6 città italiane monitorate (Milano, Torino, Roma, Bologna, Cagliari e Palermo) è in linea e addirittura migliore di quello medio europeo. Se il primo tipo di veicolo condiviso era costituito dall’auto ora si vanno diffondendo i monopattini e gli scooter (+65 e +45% tra il 2019 e il 2020), al punto che questi mezzi di micromobilità oggi costituiscono il 91% dei veicoli in condivisione.

La 5a Conferenza Nazionale sulla sharing mobility è organizzata dall’Osservatorio Nazionale sulla sharing mobility, nato da un’iniziativa del ministero della Transizione ecologica, del ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile e della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.

Fatta in partnership con Deloitte, RFI, Uber, Voi Technology, Share Now, Key Energy, Via, Expomove, Bit Mobility e Nordcom ha fatto il punto sullo stato dell’ arte della mobilità condivisa italiana ed ha presentato il Quinto Rapporto Nazionale sulla sharing mobility.

Mobilità condivisa, Milano leader in Italia e ai primi posti in Europa

Milano si conferma la città della sharing mobility e della multimodalità. Ed è prima in tutti e 3 gli indicatori – percorrenze, numero veicoli, numero noleggi – e dispone di tutte le tipologie di veicoli. Cresce Roma, che si classifica al secondo posto, soprattutto in termini di flotte.

Al terzo posto Torino. Seguono Bologna, Firenze, Bari e Genova. Nei primi 10 anche città come Pescara, Rimini e Verona. Da segnalare Brescia, con un bike sharing pubblico molto efficiente e un car sharing station based.

Tra le città più grandi, Napoli rimane indietro: non ha un servizio di scooter sharing e il car sharing è di piccole dimensioni. Le città che hanno almeno un servizio sharing mobility sono così suddivise: 26 al nord, 10 al centro e 13 al sud. Il sud è la parte di Italia che ha maggiormente scelto il monopattino come modalità unica di sharing mobility con sei città: Catania, Enna, Messina, Trapani, Cagliari e Sassari. Le uniche città del sud con almeno 2 servizi sono Napoli e Palermo.  

Con l’arrivo di bici e monopattini, negli ultimi 5 anni il peso medio di un veicolo in sharing è passato da 400 kg a 120 kg con i veicoli a 2 ruote che rappresentano oltre 9 noleggi su 10. Una tendenza spiegata con la preferenza delle persone di noleggiare veicoli che non hanno problemi di parcheggio e che azzerano o quasi gli impatti ambientali perché sono veicoli senza motore o con motore elettrico.

Le nuove sfide per il futuro? Aumentare la diffusione della mobilità condivisa visto che oltre il 50% dei capoluoghi italiani non dispone ancora di un servizio di sharing. E poi: superare il divario nord/centrosud, svilupparlo anche nelle città medio-piccole.

I suggerimenti dell’Osservatorio sulle risorse da impiegare

L’Osservatorio ha simulato quale sarebbe l’ordine delle risorse da impiegare annualmente per istituire un efficace servizio di bike sharing nei 76 capoluoghi che ancora non ne dispongono. Mettere su strada circa 35.000 biciclette in condivisione, servendo circa 7 milioni di italiani in più rispetto ad oggi, significherebbe aumentare la dotazione di risorse del Fondo Nazionale per il trasporto pubblico locale di solo lo 0,5% all’anno.

Un elemento importante emerso nella Conferenza è quello del ruolo che potranno avere nei prossimi anni le stazioni ferroviarie come “catalizzatori” di mobilità condivisa, consentendo ai vari servizi di sharing di disporre di spazi dedicati e facilmente individuabili.

Nel frattempo, Mobility as a servicesta diventando un nuovo paradigma della mobilità. È una soluzione che integra diversi servizi di mobilità in un’unica App. In altre parole: con un solo clic, si può programmare i propri spostamenti, pagarli e ricevere informazioni durante il viaggio. Anche se si usano mezzi di trasporto differenti gestiti da operatori diversi.

L’Italia, nel quadro degli investimenti del Pnrr, sta puntando a far decollare un proprio ecosistema “MaaS” attraverso un progetto pilota, gestito dal Mims e dal Mitd, del valore di 40 milioni di euro, che nel 2022 coinvolgerà 3 città metropolitane “leader” e 7 città/territori “follower”. 

I commenti della politica e delle fondazioni

Per ilministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, ha sottolineato l’importanza della transizione verso la sostenibilità. “Il Mims, attraverso l’Osservatorio Nazionale sulla Sharing Mobiliy e il progetto ‘Mobility as a Service’, che prevede la selezione di 3 città leader e 7 territori “follower” per sperimentare il nuovo modello di mobilità integrata, avvia una importante e necessaria transizione”.​

Gli ha fatto eco Edo Ronchi, presidente Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. “Investire nella green mobility non significa solo investire in nuovi veicoli e in infrastrutture, ma anche sostenere direttamente nuovi servizi di mobilità urbana condivisa, come il traporto pubblico e la sharing mobility, che possono ridurre il numero di auto circolanti. E ridurre gli effetti ambientali e sociali negativi per le nostre città. Il momento è favorevole e la transizione ecologica da realizzare nei prossimi 5 anni lo richiede ”.

Ha concluso Raimondo Orsini, direttore Fondazione Sviluppo Sostenibile. Ora la sharing mobility può fare ulteriori passi in avanti e cambiare  passo: aumentando il numero di veicoli e servizi, uscire dai centri storici, estendersi alle città medio-piccole, diffondersi anche nel centro-sud”.