La misura mira anche a contenere la competizione dei modelli cinesi
(Rinnovabili.it) – Parigi svela un piano da 100 euro al mese per far diventare più popolare l’auto elettrica. E accelerare la diffusione dei modelli full electric, che negli ultimi mesi stanno guadagnando quote importanti di mercato e sono ormai stabilmente attorno al 25% delle vendite mensili. Come? Attraverso un programma di leasing sociale EV pesato soprattutto per le fasce di popolazione meno abbienti.
È la misura per rilanciare la mobilità elettrica annunciata il 25 settembre dal presidente francese Emmanuel Macron all’interno di un pacchetto di provvedimenti che ridefiniscono gli obiettivi climatici del paese transalpino e il percorso per raggiungerli.
“Da novembre saremo in grado di lanciare un nuovo programma di leasing di auto elettriche”, ha detto Macron, partendo con “alcune decine di migliaia di auto” che saranno rese accessibili nel 2024. Negli anni successivi, il piano prevede un’espansione del numero di veicoli elettrici che saranno coperti dal programma di leasing sociale EV.
A cosa serve il leasing sociale EV della Francia?
Gli obiettivi della Francia sono due. Da un lato, permettere anche a chi, finora, ha considerato l’acquisto di un EV troppo oneroso di abbandonare diesel e benzina. Bypassando lo scoglio del prezzo non con un sistema di bonus, come accade in molti altri paesi europei, ma con la formula del leasing. Dall’altro lato, il piano di Macron guarda alla Cina.
Pechino sta guadagnando una fetta di mercato in Europa sempre più grande grazie al crollo dei costi dei suoi modelli elettrici. Tra 2015 e 2022 il prezzo di listino delle auto elettriche made in China e vendute in Europa si è dimezzato, passando da 67mila a 32mila euro in media. Numeri estremamente competitivi che mettono fuori gioco le case automobilistiche francesi e più in generale quelle europee.
Per correre ai ripari, il leasing sociale EV prevede che i modelli elettrici coperti dal programma siano sostanzialmente solo quelli prodotti in Europa. Una misura, questa, che non potrà non danneggiare almeno in parte anche quei marchi europei che hanno parte della loro produzione in Cina.