La Germania appoggia la richiesta del governo italiano di riaprire subito la discussione in UE sui limiti emissivi delle auto. Ma vuole lasciare immutato il 2035
Urso a Bruxelles tesse le alleanze contro il divieto di vendita auto diesel e benzina
L’Italia trova subito una sponda nella Germania sul fronte del futuro dell’auto e delle regole europee. Il ministro della Transizione Energetica tedesco, Robert Habeck, appoggia la richiesta italiana di rivedere in fretta i parametri sulle emissioni di CO2 delle auto, anticipando l’operazione dal 2026 alla prima metà del 2025. Mentre Berlino resta molto più fredda sul rinvio del divieto di vendita per le auto diesel e benzina, oggi fissato al 2035.
È quanto emerge dal colloquio tra Habeck e il ministro per le Imprese e il Made in Italy Adolfo Urso del 25 settembre. Dialogo avviato alla vigilia della presentazione ufficiale, a Bruxelles, della proposta del governo italiano per modificare il divieto di vendita per le auto diesel e benzina.
Berlino dice sì a rivedere in anticipo i limiti emissioni CO2 auto
Habeck sarebbe d’accordo ad anticipare dalla fine del 2026 ai primi mesi del 2025 l’attivazione della clausola di revisione prevista dal “Regolamento in materia di emissioni di CO2 delle autovetture nuove e dei veicoli leggeri”, per permettere all’automotive di “pianificare con maggiore certezza i propri investimenti a lungo termine”. Lo riporta una nota del Mimit.
Resta invece più distanza sul punto più caldo per l’Italia, ovvero lo stop alle nuove immatricolazioni di veicoli con motore endotermico a partire dal 2035 (che a livello normativo ha la forma di un obbligo, da quella data, di avere emissioni dei veicoli passeggeri sostanzialmente pari a zero). Berlino non vuole toccare il 2035, almeno per ora. Mentre il governo italiano è sempre stato contrario a questa data, considerata troppo vicina.
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Urso: oggi non siamo in grado di rispettare vincolo del 2035
Urso illustrerà oggi ai suoi omologhi europei la proposta italiana per riprendere in mano uno dei dossier del Green Deal più controversi durante la scorsa legislatura europea. L’idea è di creare un fronte di paesi che appoggino la revisione delle regole stabilite nel 2022 e condividano i principi di base per riscrivere la tabella di marcia.
La richiesta passa attraverso un “non paper”, cioè una proposta informale di policy da presentare alla nuova Commissione UE. La quale dovrebbe tener conto del peso di questi paesi e quindi riaprire al più presto la pratica.
Anticipare la revisione delle regole di quasi due anni, da fine 2026 a inizio 2025, “ci permetterebbe di raggiungere le migliori decisioni condivise possibili, con lo scenario preferito di mantenere l’obiettivo del 2035, ma anche di creare le condizioni necessarie per soddisfare tale obiettivo”, ha spiegato Urso da Bruxelles.
La situazione attuale, nella lettura del ministro, è insostenibile e far partire di nuovo il dibattito sul divieto di vendita di auto diesel e benzina sarebbe l’unico modo per tutelare industria e consumatori, “soprattutto alla luce dei dati recenti sia sulla produzione di automobili in forte calo sia sulle vendite di auto elettriche in netto calo”.
“Siamo ormai certi che con questa tempistica di revisione non raggiungeremo gli obiettivi che abbiamo stabilito per il 2035, quindi dobbiamo accelerare”, ha concluso Urso, alludendo anche alla necessità di prevedere subito contromisure per tutelare il mercato auto UE dalle mosse di Stati Uniti e Cina.
Il non paper dell’Italia sul divieto di vendita auto diesel e benzina
Durante il Consiglio Competitività del 26 settembre, il ministro Urso ha esposto ai colleghi degli altri paesi UE il contenuto del non paper con cui il governo italiano propone la revisione dei paletti per la transizione dell’automotive in Europa. Il documento vero e proprio, fa sapere Urso, sarà presentato formalmente solo dopo un confronto con i paesi UE che appoggiano la posizione dell’Italia.
In sintesi, il non paper italiano sul divieto di vendita di auto diesel e benzina dal 2035 presenta 4 richieste:
- attivare subito la clausola di revisione del Regolamento sulle emissioni di CO2 per i veicoli leggeri, anticipandola da fine 2026 a inizio 2025;
- riesaminare accuratamente le modalità che porteranno allo stop ai motori endotermici nel 2035;
- creare un “Fondo per la Competitività”, riprendendo una raccomandazione del rapporto Draghi sulla Competitività UE, che supporti diversi settori tra cui l’automotive;
- migliorare l’ambiente imprenditoriale tramite semplificazioni.
Circa il Fondo per la Competitività, l’Italia chiederà una semplificazione degli Ipcei (grandi progetti di interesse comune nell’ambito della ricerca) e la creazione di un nuovo strumento di politica industriale per rispondere alle esigenze delle PMI.
In materia di semplificazione, l’Italia propone:
- una riduzione degli adempimenti normativi, con un taglio degli oneri legati al solo reporting superiore al 25% rispetto a quanto suggerito dalla Commissione Europea;
- l’attuazione dei principi del Pacchetto europeo per le PMI del 2023;
- la promozione del marchio “Made in Europe”, per privilegiare i prodotti europei negli appalti e nei bandi pubblici, questione rilevante anche per il governo francese.
Le condizioni per mantenere al 2035 lo stop a diesel e benzina
Più in dettaglio, l’Italia ritiene che sia possibile mantenere la data del 2035 per lo stop ai motori endotermici solo se si verificano congiuntamente 3 condizioni:
- viene istituito un fondo di sostegno per l’intera filiera e per i consumatori che acquistano vetture elettriche prodotte in Europa,
- viene adottato un approccio che favorisca la neutralità tecnologica, riconoscendo un ruolo importante ai biofuels, agli e-fuels e all’idrogeno,
- viene definita una strategia per garantire l’autonomia europea nella produzione di batterie, utilizzando materie prime critiche estratte e lavorate nel continente.
Se l’ultimo punto è già un percorso avviato con il Critical Raw Materials Act e altri provvedimenti correlati, sui primi due il lavoro da fare sarebbe molto di più. La richiesta di rispettare la neutralità tecnologica dovrebbe infatti andare di pari passo con una valutazione attenta delle modalità di produzione, dei volumi e delle destinazioni d’uso di biofuel, combustibili elettrici e idrogeno. Il rischio è che le filiere pestino i piedi ad altre catene di fornitura ostacolando il raggiungimento di alcuni obiettivi UE chiave per la transizione. Ad esempio, un impiego vasto di e-fuel e idrogeno nei trasporti richiederebbe una capacità installata di rinnovabili molto più alta di quella preventivata ad oggi.