Il mercato europeo dell’auto sta andando verso il collasso. Giorno dopo giorno si rincorrono notizie sulla chiusura di fabbriche e licenziamenti di migliaia di lavoratori: Volkswagen, Mercedes, Ford, Bosch. I colossi tedeschi dell’automotive sono in ginocchio, ed a cascata la crisi dell’auto investe gran parte del settore in diversi paesi europei, tra cui l’Italia. Secondo i sindacati si rischia la chiusura di interi impianti e la perdita di occupazione, specialmente in quelle regioni (come la Puglia) dove si concentrano le aziende di grandi dimensioni. La nostra industria automobilistica è in calo da inizio 2024 e, secondo i dati diffusi da ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica): a settembre sono state prodotte 25mila auto in meno rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Da gennaio a settembre 2024, i veicoli prodotti sono stati circa 256.000, -38,3% rispetto allo stesso periodo del 2023.
Italia ha ridotto fondi di sostegno all’automotive dell’80%
Le ragioni della crisi italiana, ma più ampiamente europea, sono da ricondurre a due fattori: la transizione tecnologica verso veicoli elettrici che l’Ue impone di raggiungere entro il 2035 mettendo al bando le auto endotermiche e la riduzione dei fondi di sostegno all’industria da parte del governo. In Italia, infatti, il Fondo Automotive per il periodo 2025-2030 è stato ridotto dell’80% circa, gettando benzina sul fuoco su una situazione acuta ed in progressivo peggioramento. E sulla questione europea il Ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, prosegue la battaglia dell’esecutivo italiano contro le decisioni di Bruxelles: “Pensare che il primo gennaio 2035 tu vai all’autosalone a Roma e puoi comprare solo auto elettriche è da ricovero. E’ evidentemente fuori dal mondo” occorre ”fare di tutto per rimodulare modi e tempi in maniera intelligente, permettendo alle imprese di arrivarci più tranquille”.
Crisi auto: Italia cerca appoggio di Berlino e Parigi per presentare proposte all’Ue
Il piano italiano è di unire le forze, come sostiene anche il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso che a Parigi, illustrerà a Francia e Germania, un position paper realizzato con la Repubblica Ceca, anche per chiedere una revisione anticipata del regolamento europeo dei veicoli leggeri fissata per la fine del 2026, perché “non aspettiamo la chiusura degli stabilimenti in Europa e rivediamo il percorso, non l’obiettivo, il target del 2035 che resta, ma il percorso per giungere vivi”, quindi di mettere in piedi anche un “piano incentivi europeo per le famiglie europee stabile e duraturo nel tempo, e nel contempo garantiamo che nel 2035 le batterie elettriche siano prodotte in Europa, con materie prime critiche sotto il nostro controllo, altrimenti ci consegnamo alla Cina”.
L’Europa dell’auto, tutti i numeri della crisi
Ma qual è la situazione attuale in Europa? Le brutte notizie sono iniziate con l’annuncio di Volkswagen, che ha deciso di tagliare i costi per 4 miliardi di euro, una sforbiciata del 10% agli stipendi ed il rischio chiusura per 10 fabbriche solo in Germania, tra cui il più importante stabilimento tedesco nel quartier generale del gruppo, a Wolfsburg, che conta 60mila dipendenti ed un tasso di utilizzo intorno al 56%. Anche i marchi premium del gruppo, come Audi e Porsche sono in grave affanno ed i numeri degli utili sono negativi. Dopo Volkswagen è arrivato l’annuncio un po’ vago anche di Mercedes-Benz che vorrebbe ridurre i costi di diversi miliardi di euro all’anno per i prossimi anni, ma senza fornire numeri precisi. “La situazione economica è estremamente volatile – ha affermato la portavoce motivando la linea del gruppo – Solo aumentando l’efficienza si può restare forti sul piano finanziario e produttivi”.
L’affanno di Stellantis, altri tagli da Ford e Bosch
In crisi anche Stellantis che nel mese di ottobre ha visto un netto calo delle vendite in Europa. Nel dettaglio, l’azienda ha immatricolato a ottobre in Europa 150.346 auto, il 16,7% in meno dello stesso mese del 2023, con una quota di mercato del 14,4% contro il 17,4% di un anno fa. E non è ancora tutto: Ford ha annunciato un taglio di 4.000 posti di lavoro in Europa, tra Regno Unito e Germania, pari al 14% della forza lavoro europea della company americana. L’ultimo in ordine temporale, è Bosch, la casa tedesca di componentistica per auto che ridurrà di circa 5.500 lavoratori il suo personale, che coinvolgerà direttamente anche l’Italia nello stabilimento di Bari e della controllata Edim, che si occupa della produzione di alluminio pressofuso. E purtroppo la lista nera è destinata a salire, se non ci sarà un intervento diretto sia dei vari governi nazionali che di una politica europea.
Chi è il “nemico” numero uno della crisi europea dell’automotive?
Evidente che il nemico dell’industria europea abbia un nome: la Cina, la cui competitività è molto aggressiva, e la cui politica dei prezzi è difficile da battere, quando il costo della manodopera è più basso, con le materie prime si gioca in casa, e si ha il primato nella costruzione di batterie. A tutto questo si aggiunge il costo elevato delle auto ed una carenza infrastrutturale per la ricarica, che crea una sfiducia diffusa tra i consumatori. L’Europa sta cercando di frenare il gigante asiatico con i dazi sulle auto importate per le e-car, su cui Bruxelles e Pechino stanno tentando una mediazione, e che secondo alcune fonti cinesi starebbe portando ad un accordo di massima. La risoluzione dei dazi attraverso il dialogo è emerso anche nel bilaterale del 19 novembre scorso, a margine del G20 di Rio de Janeiro, tra il presidente cinese Xi Jinping e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il qualeavrebbe avuto un ruolo di mediazione nel contenzioso.