Dopo le auto elettriche, anche i camion elettrici cinesi. E’ l’obiettivo numero due delle aziende asiatiche dell’automotive, che dopo aver conquistato il mercato globale dei veicoli BEV, ora stanno puntando sui mezzi pesanti, un settore fondamentale del trasporto, altamente inquinante, ma più difficile da elettrificare. Ad oggi, secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) i trucks a trazione elettrica rappresentano appena l’1% dell’intero settore, proprio per le difficoltà legate alla ricarica ed alla carenza delle infrastrutture. Ma in futuro, le prospettive sono ben differenti, e l’AIE si dice “ottimista” che il cambiamento avverrà entro i prossimi 10 anni, grazie allo sviluppo della tecnologia ed ai sussidi economici dei governi.
Camion elettrici cinesi alla conquista dell’Europa, in circolazione anche in Italia
“Diverse flotte di camion cinesi di aziende come BYD e Beiqi Foton sono già in circolazione in Italia, Polonia, Spagna e Messico, e queste aziende hanno aperto stabilimenti di assemblaggio in tutto il mondo. I camion cinesi sono generalmente competitivi nei mercati emergenti”, ha dichiarato all’AFP Steve Dyer, esperto della società di consulenza AlixPartners.
Oggi la difficoltà principale dei trucks elettrici è riuscire a trovare un equilibrio tra l’autonomia delle batterie e la loro grandezza, che insieme al peso, incidono sull’efficienza del camion. Infatti, se troppo piccole l’autonomia scende molto per cui il mezzo pesante può lavorare solo in un contesto urbano, e non su tratte nazionali o internazionali, se molto grandi incidono sul peso totale del mezzo, che deve già caricare la merce da trasportare.
Criticità del trasporto merci elettrico: Batterie pesanti e bassa autonomia
Infatti, ridurre le emissioni inquinanti del trasporto pesante è un obiettivo complesso da raggiungere, anche se meno del trasporto marittimo ed aereo. Secondo lo Zero-Emission Technology Inventory, un elenco online del settore, la maggior parte dei camion elettrici cinesi ha un’autonomia media di 250 km, rispetto ai 322 km degli Stati Uniti. Il leader di mercato BYD, (le cui vendite trimestrali a ottobre hanno superato per la prima volta quelle di Tesla) ammette che il suo modello 8TT ha un’autonomia di soli 200 km, rispetto agli 800 km promessi dal modello Semi di Tesla.
Il gigante cinese delle batterie CATL – di cui abbiamo parlato in un precedente articolo, per l’accordo fatto con Stellantis su una gigafactory in Spagna – ha trovato una soluzione originale al problema dell’autonomia delle batterie, realizzando stazioni di sostituzione delle batterie per i camion, dove i gruppi elettrogeni esauriti vengono sostituiti immediatamente, eliminando la necessità di ricaricare.
Dazi anche sui camion cinesi?
Secondo l’analista di AlixPartners l’ecosistema cinese di produzione di veicoli elettrici, e in particolare le “economie di scala nella produzione di batterie agli ioni di litio e di motori elettrici”, possono essere trasferiti anche nel settore dei camion, anche se la situazione potrebbe mettere in crisi i rapporti politici tra il vecchio continente ed il gigante asiatico, come sta accadendo per le auto elettriche e la vicenda dei dazi sulle importazioni. Il meccanismo potrebbe ripetersi, e forse in modo anche più aspro, visto che in Europa sono 8 i costruttori di mezzi pesanti che si dividono il mercato ed anche l’America è sulla stessa linea difensiva, con il presidente Trump che ha già promesso di aumentare le tariffe sulle importazioni cinesi da gennaio, quando si insedierà alla Casa Bianca.
I produttori cinesi si spostano in America ed Europa
Infatti alcuni produttori cinesi di autocarri stanno correndi ai ripari, cercando di anticipare le mosse future; il gigante BYD promuove i suoi trucks come “assemblati da lavoratori sindacalizzati a Lancaster, in California” e prevede di costruire una fabbrica in Messico, mentre la start-up cinese Windrose che ha già assemblato i primi veicoli pesanti elettrici con un’autonomia dichiarata di 670 km, ha già spostato la sua sede centrale nel cuore dell’Europa ad Anversa in Belgio, per espandere le proprie attività, convinto che “accettiamo il fatto che ogni mercato voglia avere una propria catena di approvvigionamento nazionale, ma bisogna partire dalla Cina. Non c’è alternativa”.