Entro il 2030 i veicoli elettrici aumenteranno di 28 milioni di pezzi ogni anno, contro i 4,5 del 2023. La transizione ha bisogno di minerali critici per l'Europa
L’era del boom del petrolio è un ricordo lontano, ma non si ferma il suo consumo, anche se all’orizzonte si profila un secondo boom, quello delle batterie che potrebbe portare a nuove tensioni tra paesi alla ricerca di materie prime critiche. Stando all’ultimo rapporto McKinsey, entro la fine di questo decennio la vendita di veicoli elettrici raggiungerà quota 28 milioni di pezzi l’anno, contro i 4,5 del 2023.
Volumi importanti che avranno bisogno di minerali come litio, manganese ad alta purezza e grafite. E se la crescita delle batterie al ferro-fosfato (LFP) potrebbe ridurre la dipendenza da alcuni materiali scarsi, difficilmente sarà sufficiente ad eliminare del tutto gli squilibri nella catena mondiale di approvvigionamento.
Batterie auto, quale sarà il rischio?
Forse di una battuta di arresto della transizione energetica. Il motivo risiede nei processi di estrazione e raffinazione di questi materiali che rappresentano circa il 40% delle emissioni di una batteria per l’auto elettrica, ci dice ancora rapporto McKinsey. Se il manganese, ad oggi, contribuisce per circa il 4% alle emissioni di una batteria al litio-nichel-manganese-cobalto, la stessa percentuale potrebbe raddoppiare con l’aumento della popolarità delle batterie LFP.
“La fornitura di materiali da fonti impegnate a combustibili e fonti energetiche a basse emissioni potrebbe ridurre le emissioni fino all’80% nelle fasi di estrazione e raffinazione. Questo deve essere accoppiato con una forte attenzione alla riduzione dei costi data l’attuale pressione di redditività nel settore delle batterie“, ha detto Raphael Rettig, partner di McKinsey.
Ruolo dell’Italia
All’interno di questo scenario, l’Italia ha davanti due possibili soluzioni: estrazione e riciclo. Secondo la tesi di Nicola Armaroli, Direttore di Ricerca dell’Istituto ISOF-CNR, raccolta dall’agenzia Energia Oltre, “le risorse minerarie nel Vecchio Continente non mancano, ma da 100 anni, l’estrazione mineraria siamo andati a farla altrove. Eravamo ricchi, ce lo potevamo permettere” sottolinea il dirigente del Cnr, che evidenzia come la legge italiana di riferimento sulle estrazioni sia vecchia di un secolo, risalente al 1927. Oggi che la Cina sta correndo anche su questo, avendo comprato miniere in paesi poveri, l’Europa cerca di rilanciare l’attività mineraria, garantendo “elevati standard ambientali e rispetto dei lavoratori, ma a prezzi più alti“. E questo sarà sufficiente, per l’Europa e per l’Italia?
Difficile diventare indipendenti
Se diventare del tutto indipendenti, ormai, non è un obiettivo perseguibile, cercare di arrivare al 10-20% circa delle nostre necessità, potrebbe esserlo. “La buona notizia è che le batterie sono chimicamente modulabili; quindi, c’è ancora un enorme margine di miglioramento e di abbassamento dei costi, grazie all’innovazione“, continua Armaroli del Cnr. Inoltre per quanto riguarda l’uso di nichel, ferro, fosforo, manganese e grafite, materiali chiave per le batterie, non c’è rischio di disponibilità, mentre il riciclo è fondamentale per trasformare i rifiuti di batterie in risorse per nuove.
Il futuro del litio
Oggi si estraggono 3,4 miliardi di tonnellate di petrolio l’anno per alimentare il sistema dei trasporti, ma il litio attualmente è usato nelle auto BEV che rappresentano il 20% del venduto mondiale, pari a 150 mila tonnellate, una quantità 22.000 volte inferiore del greggio. “Le quantità di risorse minerarie necessarie per l’auto elettrica sono enormemente più basse. E soprattutto sono riciclabili e non dissipate per sempre, come il petrolio“, conclude il professor Armaroli.