di Alberto Pettinau
(Rinnovabili.it) – Lo scorso 13 settembre il Parlamento dell’Unione europea ha approvato – con 518 voti a favore, 97 contrari e 8 astenuti – il testo finale del regolamento ReFuelEU Aviation, che prevede una serie di norme per la decarbonizzazione del trasporto aereo commerciale principalmente attraverso l’utilizzo dei cosiddetti “combustibili sostenibili per l’aviazione”.
Il regolamento, che entrerà in vigore il 1° gennaio 2024, fa parte del pacchetto di direttive “Fit for 55”, un insieme di norme finalizzate a ridurre le emissioni antropiche di gas a effetto serra del 55% entro il 2030.
Cosa sono i combustibili sostenibili?
Oggi pressoché tutto il trasporto aereo commerciale utilizza come combustibile il cherosene, uno dei prodotti più pregiati della raffinazione del petrolio. La combustione del cherosene genera un gas composto principalmente da CO2 e vapore d’acqua, che alimenta le turbine dei motori e che viene emesso in atmosfera (dove il vapore condensa lasciando le evidenti scie). Su scala globale parliamo di quasi 300 milioni di tonnellate all’anno di CO2 rilasciate in atmosfera, corrispondenti all’1,9% delle emissioni antropiche globali. Un valore enorme.
Tre sono, in teoria, le alternative. La prima: l’utilizzo di motori elettrici alimentati da energia rinnovabile accumulata con apposite batterie, soluzione ancora ben lontana dall’essere affidabile e soprattutto caratterizzata da costi ad oggi improponibili. La seconda: l’impiego dell’idrogeno rinnovabile, promettente in chiave futura ma che richiede comunque un completo e molto costoso ripensamento dell’intero sistema (motori, stoccaggio a bordo, logistica di terra). La terza: continuare a utilizzare il cherosene, ma producendolo da fonti rinnovabili.
E proprio qui entra in gioco il concetto dei carburanti sostenibili per l’aviazione (generalmente indicati con l’acronimo inglese SAF, sustainable aviation fuels). Il concetto è ampio e include lo stesso idrogeno. Ma, restringendo il campo alla soluzione più concreta e di applicazione più immediata, con SAF si intende principalmente il cherosene. Ma prodotto non dal petrolio, bensì da fonti rinnovabili. È vero, la combustione dei SAF (idrogeno a parte) comporta le stesse emissioni di CO2 che si registrano oggi; tuttavia, diversamente dalla produzione dal petrolio, si tratta di CO2 precedentemente sottratta dall’atmosfera in fase di produzione. Il bilancio, in sostanza, è quasi nullo.
Il vantaggio è enorme: se il combustibile non cambia come composizione (o se cambia di pochissimo), non occorre sostituire i motori degli aerei, non occorre modificare i sistemi di stoccaggio e rifornimento, non occorre ripensare la gestione logistica a terra. È sufficiente cambiare il metodo di produzione. Obiettivo non banale, ma certamente molto più semplice rispetto alle soluzioni alternative.
Come vengono prodotti i SAF?
La produzione di cherosene (e di molti altri combustibili) da fonti rinnovabili può essere fatta secondo due approcci differenti che, come vedremo meglio esaminando la normativa, non sono alternativi ma complementari.
Il primo approccio è di tipo biologico e parte da materiali organici di scarto. Le biomasse, che nella loro fase di crescita hanno assorbito anidride carbonica dall’atmosfera, vengono convertite, attraverso processi biochimici e/o termochimici, in oli. Questi vengono successivamente raffinati (esattamente come il petrolio) per la produzione di cherosene e altri combustibili. Si parla, in questo caso, di “bio-cherosene” o, più in generale, di “biocombustibili” (o “bio-fuel”), proprio per sottolineare l’origine biologica.
Il secondo approccio è di tipo sintetico e parte dall’energia elettrica rinnovabile e dall’anidride carbonica sottratta dall’aria. L’energia elettrica è impiegata per la produzione di idrogeno verde per elettrolisi dell’acqua. L’idrogeno viene fatto reagire con l’anidride carbonica dando origine, a seconda del processo specifico e delle condizioni operative impiegate, a vari combustibili, tra cui il cherosene. In questo caso si parla in gergo di “elettro-combustibili” o “e-fuel”.
Cosa prevede la normativa ReFuelEU Aviation?
Il regolamento ReFuelEU Aviation ha l’obiettivo di promuovere una graduale decarbonizzazione del settore aereo senza compromettere – anzi, possibilmente ripristinando – le condizioni di parità e concorrenza nel mercato e riguarda l’intero settore del trasporto aereo commerciale all’interno o in partenza dall’Unione europea, con alcune deroghe per gli aeroporti più piccoli (con traffico passeggeri inferiore a 800.000 passeggeri o traffico merci inferiore a 100.000 tonnellate) e per quelli situati nelle isole o nelle aree ultraperiferiche, difficilmente raggiungibili.
La direttiva, nello specifico, indica una percentuale minima crescente di SAF nella miscela combustibile ceduta agli operatori aerei. Non solo: oltre alla soglia complessiva di SAF è prevista anche, a partire dal 2030, una soglia specifica per i combustibili sintetici (e-fuel), così come indicato in tabella.
Fase quinquennale | Percentuale minima complessiva SAF | Percentuale specifica e-fuels |
1. 2025-2029 | 2,0% | – |
2. 2030-2035 | 6,0% | 1,2% (2030-2031) 2,0% (2032-2034) |
3. 2035-2040 | 20% | 5,0% |
4. 2040-2045 | 34% | 10% |
5. 2045-2050 | 42% | 15% |
6. dal 2050 | 70% | 35% |
Il vincolo non riguarda solo gli operatori aerei. Gli enti di gestione degli aeroporti sono tenuti ad adottare tutte le misure necessarie per agevolare il ricorso ai SAF da parte degli operatori.
Non solo: la norma stabilisce un sistema di monitoraggio trasparente che, a partire dal 2025, obbliga gli operatori aerei e i fornitori di combustibili a comunicare alle autorità competenti informazioni molto dettagliate sui combustibili, incluse le emissioni specifiche calcolate nell’intero ciclo di vita degli stessi. E stabilisce, in caso di mancato rispetto delle norme, pesanti sanzioni pecuniarie a carico di tutti i soggetti coinvolti. Con l’indicazione che le entrate da queste generate vengano utilizzate in toto per sostenere progetti di ricerca e innovazione nel settore dei SAF.
Al fine di ridurre al massimo le emissioni, la norma vieta inoltre il cosiddetto “tankering”. Si tratta, in sostanza, della pratica di caricare i serbatoi a bordo degli aerei con quanto più combustibile possibile – ben oltre le necessità del singolo volo – laddove questo costa meno. Ciò comporta un maggiore peso dell’aereo e, conseguentemente, una crescita significativa (oggi pari a circa un milione di tonnellate all’anno, solo in Europa) delle emissioni di anidride carbonica.
Ancora, la norma istituisce un sistema volontario di etichettatura ambientale che certifichi le prestazioni ambientali dei voli in termini di impronta di carbonio per passeggero e per chilometro percorso. Ciascun operatore aereo può richiedere, per ragioni di marketing, il rilascio dell’etichetta, della validità di un anno, per tutti i propri voli in partenza da o in arrivo in aeroporti dell’Unione.
Infine, considerato il rapido sviluppo tecnologico in materia di SAF, il regolamento prevede un meccanismo di revisione della normativa che consenta la rapida approvazione di miglioramenti o misure supplementari.
Cosa comporterà per il trasporto aereo?
Oggi i SAF costituiscono solo lo 0,05% del combustibile totale impiegato per il trasporto aereo. L’applicazione della direttiva comporterà quindi, nei prossimi decenni, una profonda revisione dei processi di produzione dei combustibili stessi. Una sfida tecnologica non da poco, che sarà però agevolata dall’auspicata diffusione degli impianti di produzione di energia elettrica.
Il principale problema, come spesso accade quando si parla di transizione energetica, è di natura economica. Oggi il costo di produzione dei carburanti sostenibili per l’aviazione è da tre a sei volte superiore rispetto al prezzo di mercato del carburante convenzionale di origine petrolifera. Ma molti studi stimano che la competitività possa essere raggiunta entro i prossimi 10-15 anni, grazie allo sviluppo e alla diffusione delle tecnologie, ma anche grazie all’estensione al trasporto aereo del meccanismo dell’emissions trading system (ETS), che comporterà un aumento dei costi dei combustibili di derivazione petrolifera.
L’incremento graduale della quota parte di SAF previsto dalla direttiva ha proprio la finalità di mitigare le ricadute economiche sui passeggeri: ora che i SAF costano molto le soglie sono basse, ma cresceranno man mano che, auspicabilmente, diverranno sempre più competitivi.