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Metano dalle discariche: il plasma freddo lo converte in SAF

Una ricerca dell’università di Sidney mette a punto un processo chimico in grado di ottenere gas di sintesi a temperatura e pressione ambientali, alimentabile con energia rinnovabile, a partire dalla CO2 e dal metano rilasciati dalle discariche

Metano dalle discariche: il plasma freddo lo converte in SAF
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Il metano dalle discariche rappresenta il 20% del CH4 antropico

Convertire il metano rilasciato dalle discariche in combustibile sostenibile per gli aerei. Usando un processo chimico efficiente basato sul plasma freddo, che sgombra il campo dalle criticità legate allo sviluppo di SAF come il consumo di suolo e la competizione con le risorse alimentari per uso umano. Ci è riuscito per la prima volta un gruppo di ricercatori dell’università di Sidney.

I vantaggi di questo processo sono principalmente due. Da un lato, il plasma freddo (anche noto come plasma non termico) permette di operare a condizioni di temperatura e pressione analoghe a quelle ambientali. Dall’altro lato, e di conseguenza, i processi che lo impiegano possono essere alimentati esclusivamente da energia elettrica, potenzialmente pulita o low-carbon.

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“Il plasma non termico è una tecnologia alimentata dall’elettricità che può eccitare il gas sia a bassa temperatura che a pressione atmosferica. In sostanza, ciò significa che questo approccio facilita la conversione del gas in prodotti a valore aggiunto inducendo la scarica del plasma all’interno delle bolle di gas in formazione. Il processo non richiede calore o pressione, il che significa che richiede meno energia, rendendolo altamente compatibile con le fonti di energia rinnovabile”, spiega Patrick Cullen, co-autore della ricerca.

 Anche la sua applicazione potrebbe essere particolarmente agevole, assicurano gli autori. Il processo si basa sul mix di gas serra rilasciati dalle discariche, principalmente CO2 e metano. Già oggi, molti impianti sono dotati di sistemi per la cattura di questi gas. “Le moderne discariche già catturano, raffinano e bruciano le loro emissioni di gas per la produzione di elettricità, tuttavia, il nostro processo crea un prodotto molto più impattante dal punto di vista ambientale e di valore commerciale”, aggiunge Cullen.

Variando la percentuale dei diversi gas in entrata, i ricercatori hanno ottenuto composti di sintesi diversi. In alcune configurazioni, i sottoprodotti del processo sono identificati come ottimali per la produzione di SAF. Ma altre applicazioni possibili, sottolinea lo studio, sono in settori altrettanto difficili da decarbonizzare come il raffinamento del petrolio, o in settori come quello farmaceutico e in quello alimentare.

Lo studio è pubblicato su JACS.

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