di Mauro Spagnolo
Siamo abituati ad associare al poderoso marchio nipponico prodotti hi-tech o elettrodomestici. In verità Hitachi si occupa anche di tecnologia per la trasmissione e gestione dell’energia attraverso Hitachi Energy. Per capire meglio le aree di competenze di questa azienda, abbiamo incontrato il suo country manager per l’Italia.
Flavio Villa, come nasce Hitachi Energy?
Hitachi Energy nasce dall’acquisizione da parte di Hitachi della Divisione Power Grids di ABB. Siamo presenti in Italia da oltre 100 anni quindi si tratta di una storia che attraverso vari brand continua da tempo. Oggi Hitachi Energy è il primo fornitore a livello globale di prodotti realizzati anche in Italia, quali trasformatori di tutte le taglie, prodotti di alta tensione e sistemi di protezione e controllo per le reti che non sono specifici per le rinnovabili, ma che sono essenziali per la loro realizzazione e l’integrazione nella rete. In Italia abbiamo 5 sedi principali, di cui tre sono siti produttivi: Monselice (PD) per trasformatori di potenza, Lodi per dispositivi di alta tensione fino a 400 kV e Santa Palomba (Roma) per sistemi di protezione e controllo. La strategia globale di Hitachi Energy mette la sostenibilità al centro, con una attenzione particolare alle rinnovabili. Innanzitutto, il mercato europeo sta andando sempre di più verso soluzioni complesse, con impianti molto grandi che hanno esigenze tecnologiche importanti che Hitachi Energy è in grado di soddisfare. Inoltre, nel processo verso la sostenibilità, lo sviluppo delle rinnovabili è un prerequisito.
Quali sono i settori di vostro interesse?
Noi lavoriamo a 360 gradi nei settori tecnologici dell’energia. Il nostro focus sono le reti di trasmissione e distribuzione elettrica, ma non solo. Pensiamo, ad esempio, allo sviluppo della tecnologia dell’idrogeno e all’estensione delle nostre soluzioni alla mobilità elettrica.
In Italia, siamo arrivati ad installare nuova generazione per quasi 6 GW nel 2023 ma la taglia media degli impianti è molto inferiore al resto d’Europa. Per raggiungere gli obiettivi al 2030 dovremo aggiungere una quota significativa di grandi impianti (utility- scale) che sono quelli che finora hanno più sofferto delle complessità degli iter autorizzativi. Non mi soffermo sulle cause principali lamentate da tutti gli operatori: ancora troppa burocrazia e rallentamenti amministrativi.
Guardando in positivo però, l’Italia è passata, indicativamente da 1.8 Gigawatt di nuovo installato del 2021 a 3.7 Gigawatt del 2022 e a circa 5.7 Gigawatt del 2023 ed il trend sta continuando nei primi 2 mesi del 2024 con 1,3 GW già installati. Quindi indubbiamente una buona crescita anche se ancora insufficiente considerando che l’anno scorso in Italia, fra fotovoltaico ed eolico, si sono realizzati solo circa 20 impianti al di sopra dei 10 MW. I tempi autorizzativi incidono in modo particolare, come accennavo, sugli impianti più grandi e complessi, rallentandone lo sviluppo.
Come è suddivisa la vostra produzione tecnologica?
Siamo organizzati in 4 business unit che operano nell’ambito di: trasformatori, prodotti per l’alta tensione da 72 kV a salire, sistemi di protezione controllo e di asset management per la gestione degli impianti e servizi di integrazione per le reti. Inoltre, abbiamo una divisione che offre applicazioni di trasmissione e sottostazioni, che facilitano l’integrazione affidabile ed efficiente della rete.
Quali sono i segmenti più innovativi di cui vi state occupando?
Sicuramente i sistemi di trasmissione in alta tensione e in corrente continua (HVDC), utilizzati per trasmettere grandi potenze a grandi distanze ad esempio nell’eolico offshore, che stanno diventando essenziali per lo sviluppo delle rinnovabili, specialmente in nord Europa.
Come avviene questa trasformazione?
Semplificando, all’uscita dell’aerogeneratore si innalza la tensione e si trasmette in corrente continua anziché in alternata come di norma. La riconversione in alternata avviene poi nella seconda stazione. Tutto ciò ha iI grosso vantaggio di trasmettere energia in grandi quantità con la massima efficienza oggi possibile.
C’è una perdita di efficienza in questa doppia trasformazione?
Come in tutte le conversioni ci sono associate delle perdite ma sono ampiamente compensate dalla minima dispersione nella trasmissione. Si tratta di sistemi che esistono da 70 anni per la trasmissione, introdotti per primi in Europa poi diffusisi in tutto il mondo.
E’ una tecnologia ampiamente utilizzata anche nel nostro paese dove il piano di sviluppo della rete prevede la realizzazione di vari impianti nei prossimi 5 anni. Da molti anni si applica anche alle rinnovabili, in particolare per l’eolico offshore di grandi potenze. Si applicherà sempre di più anche nel nostro Paese, al crescere della potenza di generazione da rinnovabile, soprattutto per trasportare l’energia dai punti di generazione – tipicamente nelle regioni del sud – a quelli di consumo – tipicamente al nord.