Rapporto Mercato Unico 2025, a che punto siamo?
Il Mercato Unico comunitario, che oggi accoglie 450 milioni di consumatori e 23 milioni di aziende, è la pietra angolare della competitività a lungo termine dell’Unione europea. Tuttavia, diverse barriere gli impediscono di raggiungere il pieno potenziale. A rivelarlo è l’annuale relazione della Commissione europea presentata ieri in concomitanza con il lancio della Bussola della Competitività UE. Per la precisione il Rapporto Mercato Unico 2025 ha fornito il contesto analitico per la Bussola, individuando i punti di forza su cui costruire e le debolezze da affrontare.
Il documento traccia, infatti, l’evoluzione di 22 indicatori chiave di performance, ritenuti fondamentali per valutare la competitività dell’UE, identificando le aree che richiedono un’attenzione speciale, come la decarbonizzazione dell’industria.
Decarbonizzazione dell’industria e investimenti
Su questo fronte in particolare si sottolinea come le aziende europee abbiano enormi necessità di investimenti per padroneggiare le transizioni verdi e digitali. “Richiedono investimenti nella generazione, trasmissione e stoccaggio di elettricità, elettrificazione dei processi industriali, efficienza energetica, capacità di calcolo, automazione e molte altre aree”, si legge nel Rapporto mercato Unico 2025. “Hanno bisogno anche di investimenti nel settore dei semiconduttori e nell’estrazione, lavorazione e riciclaggio di molte materie prime essenziali”.
Allo stato attuale gli investimenti privati, pari a circa il 19% del PIL, risultano stabili, trend che ha caratterizzato ampiamente gli ultimi anni. Con livelli complessivi sono leggermente superiori a quelli degli Stati Uniti e ben superiori a quelli del Regno Unito.
Gli investimenti pubblici invece hanno registrato un lento trend in aumento negli ultimi anni, raggiungendo il 3,5% del PIL nel 2024, rispetto al 3,1% del PIL nel 2018, al pari degli Stati Uniti. Peccato che, il quadro dei finanziamenti UE appaia frammentato e complesso, con la maggior parte dei finanziamenti erogati a livello nazionale.
Va anche sottolineato un aspetto particolare in tema di sostegno alla produzione di tecnologie per la transizione. “Nonostante le fonti rilevanti di finanziamento pubblico, come InvestEU e STEP, permane un divario di finanziamento per l’aumento delle capacità produttive, poiché meno del 5% dei finanziamenti dell’UE per le tecnologie pulite sostiene la produzione a zero emissioni nette ai massimi livelli di prontezza tecnologica (TRL 8-9)”.
I prezzi dell’energia
Tra gli indicatori legati alla decarbonizzazione industriale vi è anche l’energia. La relazione evidenzia come i picchi dei prezzi energetici degli ultimi anni abbiano avuto un impatto sulle industrie europee energivore (acciaio, cemento, vetro, carta e prodotti chimici), influendo pesantemente sulla loro competitività sui mercati internazionali. “La produzione è diminuita drasticamente, in alcuni segmenti di oltre il 10% rispetto a prima del 20211. Ad esempio, nella produzione di alluminio, i costi energetici ammontano in genere alla metà dei costi di produzione totali”.
Entrando nel dettaglio: i prezzi nell’UE sono scesi dal loro picco dell’agosto 2022, ma sono ancora quasi il doppio dei livelli storici e significativamente più alti rispetto alle regioni concorrenti. Le aziende del Blocco devono far fronte ad una spesa elettrica in media 3 volte superiore a quella degli Stati Uniti e a prezzi del gas naturale 4-5 volte più alti. Con un impatto negativo diretto sulla fiducia degli investitori. Senza contare che esistono anche differenze di prezzo sostanziali all’interno dell’UE.
“Gli attuali livelli di prezzo ostacolano anche l’elettrificazione dell’economia dell’UE. L’elettricità come quota del mix energetico è rimasta stabile a circa il 20% dal 2000 e non ha ancora preso piede su larga scala. Ciò può essere in parte spiegato da un differenziale di prezzo persistentemente piccolo tra gas ed elettricità, che non fornisce incentivi economici sufficienti per passare all’elettricità, nonostante la maggiore efficienza energetica dei sistemi elettrici. Ciò ha scoraggiato la transizione da parte dell’industria e delle famiglie.”
Rapporto Mercato Unico 2025: la vulnerabilità energetica
La relazione sottolinea anche come l’economia comunitaria si basi ancora ampiamente sui combustibili fossili, che costituiscono circa due terzi del mix energetico. La quota di energie rinnovabili è in aumento e rappresenta il 24,5% del mix, seguita dall’energia nucleare (12%).
“La valutazione d’impatto della Comunicazione sull’obiettivo climatico dell’Europa per il 2040 mostra che queste fonti di energia pulita potrebbero soddisfare il 75% del fabbisogno energetico dell’UE entro il 2040. L’attuale dipendenza dai combustibili fossili importati espone l’industria a rischi di interruzione dell’approvvigionamento e volatilità dei prezzi, mentre una maggiore dipendenza futura da fonti energetiche decarbonizzate può aumentare l’accessibilità economica e limitare la vulnerabilità dell’industria”.
Leggi qui la relazione sul Mercato Unico 2025