Rinnovabili • Decarbonizzare settori hard-to-abate: PoliMi, le prospettive per l’Italia Rinnovabili • Decarbonizzare settori hard-to-abate: PoliMi, le prospettive per l’Italia

Decarbonizzare il cemento: CCS essenziale ma economicamente insostenibile

Una ricerca dell’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano approfondisce le prospettive per l'Italia in 2 settori chiave: trasporto pesante su gomma e cemento

Decarbonizzare settori hard-to-abate: PoliMi, le prospettive per l’Italia
via depositphotos.com

Nel 2023, i settori hard-to-abate hanno generato il 13% delle emissioni europee e l’11% di quelle italiane. Mentre trasporto pesante su gomma, aerei e navi l’8%. Settori dove elettrificazione, penetrazione delle rinnovabili ed efficientamento energetico si scontrano con vincoli strutturali o operativi. Quali sono le prospettive per la decarbonizzazione dei settori hard-to-abate?

Decarbonizzare i settori hard-to-abate in Italia: cosa serve?

Prova a rispondere una ricerca dell’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, che approfondisce due settori chiave: trasporto pesante su gomma e cemento. Se non si abbattono in maniera “decisa” le emissioni del secondo “è impossibile avvicinare i target di riduzione che l’UE si è data al 2030 e al 2050”, sottolinea Davide Chiaroni, vicedirettore di E&S. Obiettivi che sono stati aggiornati di recente, con le riduzioni dell’ETS rispetto al 2005 che sono salite da -43% a -62%. L’introduzione dell’ETS2 cambia poi il quadro per i trasporti. Su cui intervengono anche molte altre norme UE recenti, dal nuovo Regolamento sulle emissioni dei mezzi pesanti agli obiettivi sull’uso di energia da fonti rinnovabili imposti dalla RED III, al Decreto biocarburanti in Italia.

“Tutto questo – continua Chiaroni – impone un’accelerazione, ai policy maker e agli operatori del settore: gli strumenti in campo, benché coerenti, sono infatti largamente insufficienti quanto a risorse disponibili”. Solo per gli impianti di cattura della CO2 per i cementifici in Italia entro il 2050 servirebbero “tra i 3,6 e i 6,8 miliardi di euro”, mentre a ottobre 2024 le risorse disponibili arrivavano appena a “164 milioni”, calcola Chiaroni.

Trasporto pesante, TCO troppo elevato per i mezzi elettrici

Sul fronte del trasporto pesante, il rapporto del PoliMi analizza il Total Cost of Ownership (TCO) dei due grandi rami di soluzioni per la decarbonizzazione, cioè carburanti sostenibili e mezzi elettrici.

Allo stato attuale, rispetto a un camion diesel, il TCO è su valori analoghi solo nei casi di HVO (carburante sintetico) e BIO-GNL (biocarburante), circa 0,65 €/km per 400 km/giorno. Mentre per veicoli elettrici e a fuel cell a idrogeno il TCO è decisamente più alto. Per i BEV arriva a 1,02 €/km, con il 43% dei costi attribuiti al capitale iniziale (CapEx). Per i FCEV raggiunge 2,47 €/km, con i costi dell’idrogeno verde che pesano per il 37%.

Le barriere principali sono l’alto costo iniziale dei mezzi elettrici e a idrogeno, ma anche la mancanza di infrastrutture di ricarica e di un mercato per il trasporto green. Oltre a incertezza normativa e incentivi insufficienti. Come invertire la rotta? Secondo il PoliMi, le politiche legate all’ETS2 e incentivi come la rimozione di pedaggi autostradali potrebbero rendere competitivi i BEV rispetto a soluzioni basate su biocarburanti.

Cemento: CCS insostenibile

Sul versante della decarbonizzazione di settori hard-to-abate come il cemento, il dato che emerge dal rapporto è che la CCS è sì essenziale, ma anche economicamente insostenibile. A meno di generosi incentivi. I costi di produzione, infatti, potrebbero lievitare del 150-230% tra cattura, trasporto e stoccaggio di CO2.

Converrebbe di più continuare a inquinare come oggi, pagando più salata la CO2. Contando i costi aggiuntivi dovuti all’andamento dell’ETS, produrre cemento senza abbattere le emissioni costerebbe 142,6 euro la tonnellata di CO2. Mentre adottare un impianto di cattura e stoccaggio (CCS) costerebbe tra i 151,8 e i 201,5 euro/t (a seconda della tipologia di impianto considerato, se ad assorbimento chimico – ammine, a ossicombustione o a cattura criogenica con PSA).

Qui l’Italia rischia di scontare presto gli effetti del grave ritardo con cui si sta muovendo. Oggi nel Belpaese non sono ancora operativi impianti CCS su scala industriale nei cementifici. E l’Italia sta ricevendo molti meno finanziamenti comunitari rispetto alle altre economie europee. Si consideri l’European Innovation Fund: solo il 2% dei fondi sono stati destinati all’Italia, contro il 12% della Germania e l’11% della Spagna.

Anche escludendo le fasi di trasporto e stoccaggio, immaginando per esempio incentivi a copertura delle fasi di gestione della CO2 «a valle» della produzione del cemento, si evidenzia come la cattura ponga seri dubbi sulla sostenibilità economica dell’abbattimento delle emissioni, visti gli impatti che essa avrebbe sul prezzo finale del prodotto e di conseguenza sulla domanda di mercato”, conclude il rapporto.

Scarica il rapporto del PoliMi sulla decarbonizzazione di cemento e trasporto pesante

About Author / La Redazione