Condizioni climatiche estreme e crescita delle patologie
La salute dei lavoratori è sempre più a rischio. Non bastano gli incidenti sul lavoro che continuano a verificarsi con drammatica frequenza, il cambiamento climatico è un altro elemento che mette in pericolo la salute del 70% dei lavoratori in tutto il mondo.
Secondo il global report Ensuring safety and health at work in a changing climate di International Labour Organization – ILO, il numero di lavoratori che corre rischi per la salute a causa del cambiamento climatico è altissimo, nonostante le protezioni esistenti per la sicurezza e la salute sul lavoro.
Gli allarmi per la salute
Il 2023 ha raggiunto un caldo record e il riscaldamento globale sta cambiando il rapporto con la salute. L’esposizione a condizioni climatiche estreme (caldo eccessivo, radiazioni solari, inquinamento dell’aria, pesticidi) fa registrare una crescita allarmante di alcune patologie come cancro, malattie cardiovascolari, malattie respiratorie, disfunzioni renali, problemi di salute mentale.
Pertanto, secondo il rapporto di ILO, la salute di 2,4 miliardi di lavoratori (a fronte di una forza lavoro complessiva di 3,4 miliardi) è da considerare a rischio. Una situazione che negli ultimi venti anni è peggiorata notevolmente (+35% delle patologie).
Il rapporto Quantifying the impact of climate change on human health del World Economic Forum ritiene che entro il 2050 potrebbero esserci 14,5 milioni di morti in più in tutto il mondo a causa del cambiamento climatico. I lavoratori, soprattutto se lavorano all’aperto, sono i più vulnerabili alle conseguenze dei cambiamenti climatici, perché sono esposti per periodi più lunghi e a intensità maggiori rispetto al resto della popolazione.
26,2 milioni di lavoratori soffrono di patologie renali croniche come conseguenza dell’esposizione a temperature eccessive; temperature che ogni anno uccidono circa 19mila lavoratori, mentre 22,87 milioni riportano lesioni sul posto di lavoro dovute all’eccesso di calore.
In realtà le cause legate al cambiamento climatico che aggrediscono la salute dei lavoratori sono varie e si combinano in una miscela micidiale.
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Mitigare il clima e garantire la salute dei lavoratori
Ensuring safety health at work in a changing climate ha stilato un elenco dei pericoli per la salute dei lavoratori legati al clima:
- 1,6 miliardi di lavoratori esposti alle radiazioni UV, con più di 18.960 decessi legati al lavoro ogni anno per cancro della pelle non melanoma;
- 1,6 miliardi di persone potrebbero essere esposte all’inquinamento atmosferico sul posto di lavoro, con conseguenti fino a 860.000 decessi legati al lavoro all’aperto ogni anno;
- oltre 870 milioni di lavoratori in agricoltura, probabilmente esposti a pesticidi, con oltre 300.000 morti attribuiti all’avvelenamento da pesticidi ogni anno;
- 15.000 decessi ogni anno causati da malattie trasmesse da parassiti sul luogo di lavoro.
Alcuni settori subiranno più di altri gli effetti cambiamento climatico, ma anche quelli della transizione verde: è decisivo prevedere sostegni per affrontarla, perché i costi per riparare i danni sono superiori a quelli per evitarli. In questa sfida multiforme la salute dei lavoratori deve essere in cima all’agenda climatica.
Il cambiamento climatico e il degrado ambientale possono portare a un deterioramento delle condizioni di lavoro e a un aumento del rischio di infortuni, malattie e morte sul lavoro.
I lavoratori più vulnerabili sono quelli più poveri. Affrontare le questioni climatiche integrandole con quelle relative alla salute e al lavoro vuol dire promuovere una più generale giustizia sociale.
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Le categorie più a rischio
I rischi per la salute non sono uguali per tutti. In generale le donne incinte, i bambini, gli anziani e le persone con disabilità sono più vulnerabili a fattori di stress per la salute come il caldo estremo e l’inquinamento atmosferico. I settori più colpiti sono i lavori che si svolgono all’aperto e sono fisicamente impegnativi, come agricoltura, edilizia e trasporti.
Altrettanti rischi per la salute corrono quelli che lavorano in ambienti interni caldi o spazi chiusi scarsamente ventilati; vi sono poi luoghi di lavoro che possono diventare pericolosi in tempi brevi, ad esempio quelli che già generano calore come panifici, fonderie e lavanderie.
Anche i datori di lavoro dovranno fare i conti con i costi associati agli infortuni e alle malattie sul lavoro. Per quantificare con maggiore chiarezza le dimensioni del problema, se il riscaldamento globale rimarrà entro 1,5° si prevede che la perdita finanziaria accumulata a causa delle sole malattie legate al caldo raggiungerà i 2,4 trilioni di dollari entro il 2030.
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I costi sanitari del cambiamento climatico
Negli USA i costi sanitari dell’inquinamento atmosferico e del cambiamento climatico superano già di gran lunga gli 800 miliardi di dollari all’anno, un numero destinato a crescere. Inoltre, con il riscaldamento globale aumenteranno le migrazioni climatiche. Ad esempio, se la temperatura globale aumenterà di 2 gradi entro la fine del secolo, raddoppieranno le richieste di asilo nei paesi dell’Unione Europea.
Il cambiamento climatico è anche un’emergenza sanitaria: il riscaldamento globale minaccia di destabilizzare sia i sistemi sanitari che il Pianeta. La riduzione delle emissioni è una questione di sopravvivenza che richiede la collaborazione di governi, imprese e cittadini e ha bisogno di ingenti risorse.
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I danni alla salute dei lavoratori minano la tenuta del sistema economico e sociale
Alla COP 28, più di 120 nazioni hanno firmato una Dichiarazione sul clima e la salute in cui si sono impegnate a intraprendere azioni efficaci contro il cambiamento climatico e hanno destinato più di 1 miliardo di dollari a progetti legati alla salute. Ma è necessario fare molto di più.
Lo studio dell’ILO delinea uno scenario molto cupo, anche se realistico. Ci dice dove andremo a sbattere se continuiamo ad andare avanti come se nulla fosse, suona come un ammonimento documentato e severo. I danni alla salute dei lavoratori causano danni all’intero sistema economico e sociale.
Eppure, a leggerlo con altre lenti, lo studio ci consegna anche un margine di speranza: evidenzia gli errori e suggerisce la strada da imboccare per non esserne travolti. Sta a noi, quindi, adottare nuove strategie e comportamenti responsabili.
Sottolineiamo il noi: nessuno, a nessun livello, può chiamarsi fuori, ognuno deve fare la propria parte. Non commettiamo l’errore di pensare gli effetti del cambiamento climatico riguardino gli altri: la Terra è una, non abbiamo un Pianeta B. Governi, istituzioni, associazioni, cittadini devono lavorare a un obiettivo comune per consegnare un Pianeta vivibile a chi lo abiterà dopo di noi.