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Il 3G di Climeworks dimezza i costi della tecnologia DAC a filtro solido

Tecnologia DAC: Climeworks svela il 3G, costi dimezzati
crediti: Climeworks

Il 1° impianto con tecnologia DAC 3G sarà costruito in Louisiana dal 2026

Raddoppiare la capacità di assorbimento di CO2, dimezzare il consumo energetico, aumentare la durata di vita dei componenti e ridurre i costi complessivi del 50%. Sono i progressi compiuti dalla tecnologia DAC di terza generazione, svelata il 4 giugno da Climeworks, l’azienda svizzera legata al politecnico di Zurigo e pioniera nel campo della cattura diretta dall’aria di anidride carbonica. Passi avanti che potrebbero aggirare i due ostacoli principali alla diffusione su larga scala di questo tipo di rimozione di CO2: costi troppo alti e non competitivi e difficoltà nello scale up.

Tecnologia DAC 3G, cos’è e che vantaggi dà?

Sviluppata nell’arco degli ultimi 5 anni e già testata nella struttura di Climeworks a Zurigo, la tecnologia DAC di 3° generazione modifica due elementi del processo: i materiali assorbenti e il design dell’impianto.

Nuovi materiali assorbenti per la tecnologia DAC di 3° generazione

Le versioni precedenti si basavano su letti filtranti compatti, dove l’aria convogliata da ventilatori interagisce con solventi a base amminica che catturano le molecole di anidride carbonica. Arrivato a capacità, il filtro deve essere riscaldato per rilasciare la CO2, che viene poi iniettata in depositi geologici.

È la modalità di base con cui lavorano sia Orca che Mammoth, i due impianti DAC di punta dell’azienda svizzera. Il secondo, inaugurato il mese scorso, è più efficiente perché scioglie la CO2 in acqua prima di pomparla sottoterra, un processo che richiede meno energia e semplifica l’interazione dell’anidride carbonica con le rocce.

L’ultima innovazione di Climeworks modifica disposizione e materiali impiegati nei filtri. I nuovi sorbenti strutturati aumentano la superficie di contatto con la CO2, riuscendo almeno a dimezzare sia i tempi di cattura sia quelli di rilascio. La capacità di assorbimento del singolo modulo filtrante, quindi, raddoppia. I nuovi materiali, inoltre, consentono di dimezzare il consumo di energia e hanno una durata di vita tre volte superiore di quella dei filtri delle generazioni precedenti.

Un nuovo design ottimizzato

Tutto questo si riverbera sui costi complessivi dell’operazione di cattura della CO2. Costi che vengono abbattuti anche grazie a modifiche apportate al design dell’impianto. In precedenza, Climeworks si basava su container con collettori impilati, mentre la nuova tecnologia DAC passa a cubi modulari con una base di 26 metri di lato e un’altezza di 22,5 metri, completamente riprogettati. Che garantiscono più efficienza al processo, migliorano la robustezza della struttura, e contribuiscono ad abbassare i costi.

Costi giù del 50%, assicura Climeworks

L’azienda svizzera assicura che queste due innovazioni, congiuntamente, permettono di ridurre i costi dell’operazione del 50%. Cosa significa? Secondo un recente studio condotto proprio dal politecnico di Zurigo, i costi dell’impianto Orca, oggi, battono intorno ai 1.000-1.300 dollari a tonnellata di CO2 catturata. Calcolando la possibile curva dei costi per ciascun materiale e singolo componente, i ricercatori svizzeri stimano che nel lungo periodo si possano abbattere i costi per le tecnologie DAC a filtro solido fino a 280-580 $/t entro il 2050. La 3° generazione annunciata da Climeworks, quindi, si è già avvicinata molto al margine superiore di questa forchetta.

L’azienda mira a ridurre ulteriormente i costi, portandoli a 250-350 $/t entro il 2030 (400-600 $ per tonnellata netta rimossa). “Questa evoluzione si basa su dati reali raccolti sul campo”, specifica Jan Wurzbacher, co-fondatore di Climeworks, riferendosi alle 15.000 ore di R&D spese per la tecnologia DAC 3G e i 5.000 cicli di cattura della CO2 condotti nella struttura pilota in Svizzera. Passi avanti che consentono di “raggiungere progressivamente una capacità di rimozione di milioni di tonnellate”, aggiunge Wurzbacher.

L’azienda punta a sviluppare impianti con capacità di una megatonnellata entro il 2030. Finora la via maestra era la struttura modulare – ampliabile con facilità – di Mammoth. La 3° generazione della cattura diretta dall’aria potrebbe raggiungere il risultato con impianti più compatti, efficienti ed economici.

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