Scarti alimentari e supercondensatori, un matrimonio vincente
(Rinnovabili.t) – Paese che vai, risorse che trovi. In India la nuova spinta alla mobilità elettrica potrebbe arrivare da un prodotto alimentare locale. O più precisamente dal suo scarto non edibile. L’Università di Alagappa, guidata dalla Nanyang Technological University di Singapore (NTU Singapore) e in collaborazione con la Western Norway University, ha impiegato le bucce di tamarindo per produrre un materiale da impiegare nei supercondensatori.
Il tamarindo è un albero tropicale coltivato in molte aree asiatiche, India in primis. Il suo frutto possiede un guscio ricco di carbonio che gli scienziati hanno impiegato per realizzare carbon nanosheet (letteralmente nanofogli in carbonio). “Attraverso una serie di analisi, abbiamo scoperto che le prestazioni dei nostri nanofogli derivati dal guscio di tamarindo erano paragonabili alle controparti prodotte industrialmente, in termini di struttura porosa e proprietà elettrochimiche”, spiega il professor Cuong Dang, della Scuola di ingegneria elettrica ed elettronica della NTU, a capo dello studio. “E il processo per realizzarli è identico a quello per ottenere nanofogli di carbone attivo”.
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Un materiale comune per produrre questi elementi è la canapa industriale, ma le sue fibre devono essere riscaldate a oltre 180°C per 24 ore. La nuova ricetta ottiene lo stesso risultato ma con meno energia e tempo. I ricercatori hanno prima lavato le bucce dei frutti poi le hanno scaldate a 100°C per circa sei ore, prima ridurle in polvere. Quindi hanno cotto la polvere in un forno per 150 minuti a 700-900 gradi Celsius in assenza di ossigeno per convertirli in fogli ultrasottili.
Il prodotto finale mostra anche una buona stabilità termica e conduttività elettrica, il che li rende opzioni promettenti per l’accumulo di energia come componente chiave dei supercondensatori. “Il segreto dietro la loro capacità di immagazzinare energia risiede nella loro struttura porosa che porta a un’ampia superficie che aiuta il materiale a immagazzinare grandi quantità di cariche elettriche”, ha aggiunto il professor Dhayalan Velauthapillai. Il gruppo sta oggi lavorando per ridurre l’energia necessaria al processo di produzione, rendendolo più rispettoso dell’ambiente, per migliorare le proprietà elettrochimiche dei nanosheet.